Niente controlli alla coca della ‘ndrangheta: in manette due funzionari delle Dogane

Operazione di Gdf e Dda al porto di Goia Tauro: sequestrate 2,7 tonnellate di cocaina, sette gli indagati. Clan e narcos avvertiti dei blitz delle Fiamme gialle.

Goia Tauro (Reggio Calabria) – Avrebbero alterato i controlli per favorire la ‘ndrangheta nel traffico di droga. A conclusione delle indagini condotte dalla Guardia di finanza, e coordinate dalla Dda di Reggio, sono scattate le manette per due funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di Gioia Tauro e per una dipendente di una società di spedizioni.

Gli investigatori, tra i quali personale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, hanno accertato 5 importazioni di cocaina tra giugno 2020 e ottobre 2022, per oltre 3 tonnellate di cocaina, 2,7 delle quali intercettate e sequestrate dai finanzieri. I tre indagati, arrestati con il supporto dello Scico e la collaborazione di Europol e della Dcsa, per l’accusa sarebbero coinvolti in un traffico internazionale di droga aggravato dalla finalità di agevolare la ‘ndrangheta. Complessivamente sono 7 gli indagati dalla Dda reggina, con il supporto di Eurojust, tra i quali anche un terzo funzionario doganale, già arrestato in un’altra operazione nel 2022.

Secondo l’accusa, i funzionari avrebbero fatto parte di un’organizzazione criminale costituita dal responsabile di una ditta di spedizioni, da portuali infedeli e dai referenti delle principali cosche di ‘ndrangheta operanti nell’area della piana di Gioia Tauro.

2.7 tonnellate di cocaina sequestrate

In servizio nei punti nevralgici del porto, quali il controllo scanner e quello “visivo” del carico mediante apertura dei container, i finanzieri arrestati avrebbero consentito l’uscita dal porto di ingentissimi quantitativi di cocaina mediante l’alterazione degli esiti delle ispezioni o l’omessa rilevazione di anomalie nei carichi controllati. 

Tra i documenti rinvenuti dai finanzieri figurano anche precise istruzioni, fornite dai funzionari doganali, su come i narcos sudamericani avrebbero dovuto collocare i panetti di cocaina all’interno dei carichi di copertura, al fine di ridurre sensibilmente la possibilità che questi venissero individuati nel corso degli ordinari controlli. E laddove il carico fosse stato comunque scoperto, gli stessi doganieri avrebbero provveduto a fornire all’organizzazione i relativi verbali di sequestro al fine di giustificare la perdita del narcotico, evitando in tal modo il pagamento di quanto pattuito.

Inoltre, uno dei funzionari doganali si sarebbe preoccupato di avvertire gli uomini dei clan in merito ad eventuali operazioni condotte dalle Fiamme gialle, con l’intento di evitarne l’arresto.

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