Nessuna riforma del catasto nella Manovra: da Monti a Draghi tutti i tentativi falliti

Nulla di fatto neppure nel governo Meloni dopo che Giorgetti aveva ipotizzato un possibile aumento per chi aveva usufruito del Superbonus.

Roma – Da anni si discute della riforma del catasto ma il tema è spinosissimo e non si arriva mai a meta. Dopo tanto clamore, nella manovra il paventato intervento sulle rendite catastali si è rivelato un falso allarme. Come riporta il Corriere della sera, nel disegno di legge di Bilancio per il 2025 non c’è traccia di modifiche, nonostante l’iniziale accenno del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che aveva ipotizzato un possibile aumento per chi aveva usufruito del Superbonus. Le sue parole avevano scatenato un terremoto politico, tanto da costringerlo a ritrattare e a spiegare che il riferimento era alla legge di Bilancio precedente, la quale prevedeva solo l’aggiornamento delle mappe catastali per i lavori di ristrutturazione importanti.

Un altro tema sollevato da Giorgetti riguarda l’accatastamento delle cosiddette case “fantasma”, già individuate grazie a rilevazioni aeree e incrocio di dati. Secondo l’Agenzia delle Entrate, queste abitazioni non dichiarate sarebbero ben 2 milioni, eppure, anche su questo fronte, non c’è stata finora un’azione incisiva. La questione delle rendite catastali e della tassazione sugli immobili è una delle più delicate in Italia. L’impianto del catasto risale alla fine degli Anni 30 e, nonostante alcuni aggiornamenti parziali negli anni Ottanta, le rendite restano largamente scollegate dal valore reale delle abitazioni. Il risultato è che il sistema attuale non riflette l’effettiva ricchezza patrimoniale del Paese. Tuttavia, in Italia, ogni tentativo di intervenire su questo tema ha incontrato forti resistenze politiche e sociali.

Palazzo Chigi

In passato, vari governi hanno tentato di riformare il sistema catastale, senza successo. Il governo Monti nel 2013, il governo Letta e successivamente quello Renzi avevano presentato proposte per adeguare le rendite ai valori di mercato, ma tutte sono naufragate prima di diventare operative. Anche il governo Draghi ci ha riprovato nel 2021, proponendo una riforma che avrebbe aggiornato le rendite catastali a fini conoscitivi, senza impatti immediati sulle imposte. Tuttavia, la proposta è stata osteggiata dalla Lega e dal Movimento 5 Stelle, costringendo l’esecutivo a ridimensionare il progetto in Parlamento. La riforma, sebbene priva di effetti concreti sul gettito fiscale, non è stata comunque approvata.

Sul possesso della prima casa, non si pagano più tasse dal 2008, quando l’Ici fu abolita, seguita dall’Imu nel 2014. Anche le imposte di successione sono estremamente contenute, con una franchigia di un milione di euro per eredi diretti e un’aliquota del 4% solo sulle somme eccedenti. Secondo il Rapporto dell’Agenzia delle Entrate, spiega il Corriere della sera, a fronte di un patrimonio immobiliare complessivo che vale circa 6 mila miliardi di euro, nel 2022 le imposte raccolte sono state pari a 41,9 miliardi, un valore irrisorio rispetto alla portata del settore. Nel dettaglio, il gettito fiscale sugli immobili in Italia è composto da diverse voci: 20,4 miliardi provengono dall’Imu, 13,4 dalle imposte sui trasferimenti e locazioni, con appena un miliardo derivante da successioni e donazioni.

Giancarlo Giorgetti

Un altro contributo significativo viene dall’Irpef e dalla cedolare secca, che generano poco più di 8 miliardi. A livello europeo, il Rapporto dell’Agenzia delle Entrate evidenzia che nel 2020 l’incidenza delle imposte immobiliari sulle entrate tributarie in Italia era del 3%, in linea con la media OCSE (3,2%). Tuttavia, il prelievo in Paesi come il Regno Unito è ben più alto, con una quota del 9,1%, mentre in Francia si attesta al 5,2% e in Germania è più leggero, raggiungendo appena l’1% del totale.

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