L’ultima maxi-operazione con oltre 100 poliziotti dei penitenziari pugliesi e i rinforzi del nucleo cinofilo raccontata dal Sappe.
Foggia – Quattordici telefoni cellulari e diverse dosi di droga sono stati sequestrati in un ultimo blitz nel carcere della città pugliese. La denuncia arriva dal Sappe, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria, il cui segretario Federico Pilagatti aveva denunciato nei giorni scorsi “il fatto di come le carceri pugliesi e non solo sarebbero diventate piazze di spaccio di droga e telefonini”. E infatti così è stato: un centinaio di poliziotti provenienti da tutte le altre carceri della regione, con il supporto del nucleo cinofili e del Nucleo investigativo, coadiuvati da dirigenti del provveditorato regionale di Bari e dalla Direzione del carcere di Foggia, ha eseguito una perquisizione a tappeto in alcuni reparti detentivi che ha portato alla scoperta di 14 telefonini, cavetti, caricabatterie, sim e circa una cinquantina di grammi di sostanza stupefacente.
Si tratta dell’ennesima operazione che – fa notare il Sappe – fa seguito ad altri importanti sequestri di materiale proibito effettuati dall’inizio dell’anno, per cui sarebbero stati rinvenuti oltre 200 apparecchi telefonici, nonchè ingenti dosi di stupefacenti. Una situazione davvero esplosiva, fatta di “violenza e prepotenza” da parte dei detenuti del carcere di Foggia. I reclusi, secondo la ricostruzione del sindacato, avrebbero addirittura “colpito alcuni poliziotti che dopo aver intercettato un drone che si avvicinava ad una stanza del reparto giudiziario, si erano precipitati per perquisire la stanza. Ma erano stati accolti con pugni e calci”. La risposta a tali atti di “inaudita violenza determinata anche dall’impunità che l’amministrazione penitenziaria centrale concede a questi prepotenti è arrivata la notte del 5 marzo” in cui circa un centinaio di poliziotti provenienti da tutte le altre carceri pugliesi, sono intervenuti nel penitenziario foggiano.

Quanto accaduto, si fa notare, “dimostra che lo Stato può vincere e controllare in maniera adeguata le nostre carceri al fine di garantire alla stragrande maggioranza di detenuti di poter percorrere la strada del rientro in società attraverso un reinserimento concreto, e nel contempo isolare tutti quei detenuti violenti e prepotenti responsabili di eventi critici che mettono in pericolo non solo la sicurezza degli altri detenuti, dei poliziotti e delle carceri, ma anche dei territori”. Il Sappe è fiducioso poiché da “questo governo sembrano arrivare quegli spiragli di luce che fino ad oggi sono mancati a partire dall’assunzione di personale di polizia penitenziaria, educatori, assistenti sociali che in questi due anni è stata frenetica, dopo anni ed anni di completo abbandono. Anche se si rincorre il turn over, come pure l’istituzione di alcuni presidi quali i gruppi di intervento rapido che, possono intervenire per far fronte alle emergenze nel completo rispetto delle legge”.
Nei giorni scorsi il procuratore di Bari, Roberto Rossi, nella conferenza stampa in cui sono erano stati forniti particolari sulle 37 misure cautelari adottate dal gip in un’indagine della Dda sul traffico di droga gestito anche dal carcere, aveva lanciato l’allarme. “Non sono più piccoli telefonini, ma smartphone. È una delle questioni su cui chiediamo al ministero di intervenire, non credo che i cittadini vogliano le riforme della magistratura, ma interventi sulla criminalità organizzata. Purtroppo il Dap allo stato attuale non ha un punto di riferimento”. “I detenuti riescono a ricevere e usare cellulari con facilità“, aveva sottolineato anche il procuratore aggiunto e coordinatore della Dda di Bari, Francesco Giannella, usandoli “anche solo per dimostrare la propria caratura criminale. Girare video e metterli sui social serve a mostrare la sfrontatezza di queste persone e serve a dimostrare il proprio carisma criminale”.

Un tema, quello dei cellulari in carcere, riemerso con forza con la maxi retata di Palermo e il colpo a Cosa Nostra dei giorni scorsi. L’allarmante fenomeno dell’uso dei telefonini dietro le sbarre. “Da anni denunciamo la presenza di centinaia di telefonini nelle carceri. L’unica soluzione – ha affermato Nicola Gratteri – è l’acquisto di jammer (dispositivi che interferiscono con le frequenze di comunicazione dei cellulari, ndr) da mettere quantomeno nelle carceri ad alta sicurezza”. Sono, infatti, sempre di più quelli che vengono sequestrati e soprattutto introdotti illegalmente nei penitenziari. Gratteri ha ricordato che nelle stesse ore di Palermo erano state arrestate ventisette persone a Napoli. Sette di queste avevano i telefonini in carcere e mandavano messaggi di morte, chiedevano la tangente o addirittura, tramite videochiamata, la moglie faceva scegliere il colore dei pantaloni al marito carcerato. Questa è la cosa più semplice, ma ci preoccupiamo invece quando dal carcere, attraverso il telefono, si inviano messaggi di morte”.
Sulla questione dell’uso dei cellulari in carcere interviene anche il deputato M5S Federico Cafiero de Raho, vice presidente della commissione Giustizia e della commissione Antimafia. De Raho ha presentato un’interrogazione parlamentare per sapere dal ministro Nordio quali misure abbia adottato fino a oggi per contrastare questo fenomeno allarmante e se non ritenga che sia giunto il momento di adottare i jammer disturbatori di frequenze o altri strumenti utili per impedire le comunicazioni da dentro le carceri con l’esterno”. I jammer sono appunto dei disturbatori di frequenze, che emettono delle onde radio sincronizzate alle frequenze dei segnali che si vuole andare a disturbare, impedendo ai dispositivi di trasmettere nell’area circostante l’installazione.