Morto dopo sei mesi di coma il detenuto pestato a Rebibbia

Francesco Valeriano, 45 anni, era stato aggredito il 30 giugno. La famiglia chiede giustizia mentre il Garante denuncia: “Nel Lazio tre morti nelle ultime ore”.

Roma – Francesco Valeriano non ce l’ha fatta. Il detenuto di 45 anni, originario di Fondi, è deceduto dopo sei mesi di coma a seguito di un brutale pestaggio subito nel carcere di Rebibbia lo scorso 30 giugno. L’uomo stava scontando una pena di due anni e mezzo per atti persecutori nei confronti dell’ex moglie.

Valeriano era stato arrestato il 15 aprile e inizialmente ristretto nel carcere di Cassino. Dopo circa un mese e mezzo era stato trasferito a Rebibbia. Il 30 giugno la tragedia: il detenuto viene aggredito e ridotto in fin di vita. Gli agenti della polizia penitenziaria lo trovano agonizzante nella sua cella, con gravissime lesioni cerebrali.

Il trasferimento d’urgenza al Policlinico Umberto I è immediato. Le condizioni sono disperate: l’uomo viene sottoposto a tracheotomia e cade in un coma profondo. Dopo un periodo in una struttura privata di Monte Compatri, sabato scorso è stato ricoverato in condizioni critiche al Policlinico di Tor Vergata, dove ieri è arrivata la notizia del decesso.

Sul corpo verrà effettuata l’autopsia per accertare le cause esatte della morte. L’avvocato Antony Lavigna, che assiste la famiglia Valeriano, ha depositato una denuncia in Procura. “Ho presentato denuncia per morte in seguito a lesioni. Saranno acquisite anche le cartelle cliniche e attendiamo l’autopsia. La polizia penitenziaria ha già indagato, nel primo filone, sull’aggressione. Ora si indagherà anche sulla morte”, ha spiegato il legale.

Al momento non è chiaro chi siano i responsabili materiali del pestaggio. Le indagini puntano a identificare gli aggressori e a ricostruire l’esatta dinamica di quella giornata di fine giugno.

Durissimo l’intervento dell’Osapp, l’Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria. “Con la morte di Francesco Valeriano, la vicenda non si chiude: si aggrava. Una vita umana persa in carcere è una sconfitta per tutti. La morte di un detenuto in conseguenza di un’aggressione rappresenta una sconfitta dello Stato e del sistema penitenziario nel suo complesso”, si legge nella nota del sindacato.

Il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasia, ha denunciato che nelle ultime ore si sono verificati tre decessi negli istituti penitenziari della regione.

“Questa notte una donna è morta nel carcere femminile di Rebibbia, mentre un uomo si toglieva la vita in quello di Viterbo. Ieri al Policlinico di Tor Vergata perdeva la vita un uomo a lungo in coma a seguito di un’aggressione violenta da parte di altri detenuti, mentre un altro si toglieva la vita nel carcere di Lecce. Una lunga scia di morti che non risparmia neanche il personale penitenziario”, ha dichiarato Anastasia.

Il Garante ha rivolto un appello alle istituzioni: “La responsabilità politica del governo e del ministero della Giustizia non possono restare silenti o rinviare alle calende greche di un piano di edilizia penitenziaria che ci sarà quando ci sarà: intanto la gente muore e nelle carceri italiane non si vedono segni di speranza”

La regione Lazio presenta una situazione di grave sovraffollamento: i detenuti presenti sono attualmente 6.702 a fronte di 4.485 posti effettivamente disponibili, con un tasso di affollamento del 149%. A Viterbo la situazione è ancora più critica, con 716 detenuti e un tasso di affollamento del 177%.