Nell’appartamento in cui si è consumata la tragedia mancano all’appello le cartelle cliniche relative all’intervento della 47enne e l’archivio degli altri pazienti del chirurgo José Lizarraga Picciotti.
Roma – La vita di Ana Sergia Alcivar Chenche si è spezzata a 47 anni su un lettino operatorio del quartiere Primavalle a Roma, dove il 7 giugno scorso si era recata per quello che doveva essere un semplice intervento di liposuzione. La donna, originaria dell’Ecuador ma residente a Genova in via Bolzaneto insieme al compagno Jorge Manuel Salas Garcia, aveva scelto di affidarsi al chirurgo Josè Lizàrraga Picciotti, individuato attraverso il passaparola di amiche e conoscenti che si erano già sottoposte alle sue cure.
Il viaggio verso Roma era iniziato con serenità: Ana era partita insieme a un’amica che doveva sottoporsi allo stesso tipo di intervento, accompagnate dal compagno di Ana e dal suo terzogenito, ancora minorenne. Il costo dell’operazione era stato concordato in 4.300 euro, una cifra che la famiglia aveva messo da parte per realizzare quello che Ana considerava un sogno.

Tuttavia, già all’arrivo presso lo studio medico, il compagno Jorge aveva manifestato i primi dubbi. “Ma dove siamo finiti, dove stiamo andando? Non è che ci sono rischi?”, aveva chiesto preoccupato. Le rassicurazioni di una dottoressa presente nella struttura – “ma si figuri sono cose semplicissime” – avevano temporaneamente placato le sue inquietudini.
La tragedia in sala operatoria e i soccorsi inadeguati
L’amica di Ana era stata operata per prima, intorno alle 16. Alle 17 circa era toccato ad Ana sottoporsi all’intervento. Ma dopo un’ora di silenzio, il chirurgo aveva comunicato al compagno e al figlio che si stavano verificando complicazioni durante il risveglio dall’anestesia.
“Il dottore è uscito e mi ha detto: ‘c’è un problema con l’anestesia ma ora sistemiamo tutto'”, racconta Jorge Manuel Salas Garcia, ripercorrendo quei momenti drammatici. “Poi è tornato per spiegarci che non riuscivano a rianimare Ana”. La situazione si era rapidamente aggravata e il medico, sempre più allarmato, aveva annunciato di voler chiamare un’ambulanza.
Il mezzo di soccorso arrivato apparteneva però a una struttura privata e non era adeguatamente attrezzato per il primo soccorso. A quel punto i familiari avevano insistito perché intervenisse il servizio pubblico 118, che ha trasferito la 47enne al Policlinico Umberto I di Roma, dove la donna è morta qualche ora dopo il suo arrivo.

È stato lo stesso Garcia a scoprire l’amara verità: “Ho telefonato io al 118 e ho scoperto che non li aveva chiamati nessuno. Dalla finestra c’era un’ambulanza ma era privata”.
Il ricordo di Ana
Ana Sergia Alcivar Chenche era una presenza familiare nel suo quartiere genovese. Titolare di un’attività artigianale nel settore idraulico, era conosciuta e apprezzata da tutti coloro che la incontravano quotidianamente. Alla Panetteria Adams, a pochi metri dalla sua abitazione, era diventata di casa.
“La vedevo tutti i giorni, una ragazza solare, gentilissima”, ricorda con commozione la commessa Manuela Preveato. “Passava di qui con il figlio, comprava la focaccia. Si affacciava a salutarmi anche quando non aveva bisogno di niente: solo per dirmi ‘Ciao Chicca’. Una persona veramente affettuosa. Siamo senza parole: morire così è inaccettabile”.
Anche i vicini del condominio al civico 15 di via Bolzaneto conservano un bel ricordo di Ana. “Una bella famiglia, erano qui da circa un anno e mezzo”, commenta una coppia di anziani residenti. “Che brutta storia”.
L’inchiesta
L’inchiesta sulla morte di Ana Sergia ha rivelato dettagli inquietanti sulla struttura dove la donna aveva perso la vita. Lo studio medico, secondo quanto emerso dalle indagini, era già stato oggetto di tre sequestri precedenti, per le gravi irregolarità nella gestione dell’attività sanitaria riscontrate dai Nas. In quell’appartamento al civico 6 di via Francesco Roncati non c’era nessuno strumento di primo soccorso, neppure un defibrillatore. Inoltre, sono sparite sia la cartella clinica della vittima sia le documentazioni relative agli interventi eseguiti su altre pazienti.

Il quadro si complica ulteriormente considerando che José Lizarraga Picciotti, ora indagato a Roma per omicidio colposo per la morte della 47enne, è già sotto processo a Brescia con l’accusa di lesioni gravissime. Secondo quanto riportato dal Giornale di Brescia, anche in quel caso sotto i riflettori della magistratura è finito un intervento di liposuzione a cui si era sottoposta una paziente. Il processo a Brescia è previsto per il 26 settembre.
Nelle prossime ore verrà effettuata l’autopsia sul corpo della 47enne. L’esame autoptico servirà a chiarire con certezza le cause che hanno portato al decesso di Ana Sergia.