Il caso dell’imprenditore romano rivela le contraddizioni di una legge che prometteva più garanzie ma rischia di creare un paradosso: proteggere chi può permettersi di sfruttarne i cavilli.
Roma – La giustizia italiana ha un nuovo protagonista inaspettato: l’interrogatorio preventivo. Una procedura che, sulla carta, dovrebbe rafforzare le garanzie processuali ma che nella pratica si sta rivelando un’arma a doppio taglio. Il caso di Mirko Pellegrini, l’imprenditore romano soprannominato “Mister asfalto”, ne è la dimostrazione più lampante.
Quando la forma prevale sulla sostanza
Pellegrini, considerato dagli inquirenti il regista di un vasto sistema corruttivo negli appalti stradali, è tornato in libertà non perché innocente, non perché le accuse si siano rivelate inconsistenti, ma per un vizio procedurale. Il mancato espletamento dell’interrogatorio preventivo ha fatto cadere tutto l’impianto cautelare, trasformando quella che doveva essere una garanzia in più per l’indagato in un tecnicismo salva-corrotti.
È il paradosso della Riforma Nordio: nata con l’intento di riequilibrare il rapporto tra accusa e difesa, rischia di creare una giustizia a ostacoli. A vincere non è più chi ha ragione ma chi sa saltare meglio le procedure.
La giustizia dei ricchi contro quella dei poveri
Le parole di Giuseppe De Cristofaro – capogruppo Avs – centrano il punto dolente: “È uno strumento in mano a chi si può permettere un avvocato e chi no”. La riforma Nordio, involontariamente, sta creando una giustizia a due velocità. Da una parte ci sono gli imputati che possono permettersi team di avvocati esperti nelle nuove procedure, capaci di individuare ogni possibile cavillo processuale. Dall’altra, chi non ha le risorse per navigare in questo labirinto burocratico sempre più complesso.

Il caso Pellegrini è emblematico: un collegio difensivo di quattro avvocati specializzati che ha saputo sfruttare alla perfezione le contraddizioni della nuova normativa. Quanti piccoli spacciatori o borseggiatori possono permettersi lo stesso livello di assistenza legale?
L’interrogatorio preventivo: garanzia o scappatoia?
L’idea di fondo dell’interrogatorio preventivo non è sbagliata: dare all’indagato la possibilità di difendersi prima che vengano disposte misure restrittive. Ma l’applicazione pratica sta mostrando tutti i limiti di una riforma pensata più per accontentare certi ambienti che per migliorare davvero la giustizia.
Cafiero De Raho, con la sua esperienza da magistrato antimafia, coglie nel segno: l’interrogatorio preventivo ha già permesso ad alcuni indagati di fuggire e ha esposto testimoni a possibili ritorsioni. In sostanza, uno strumento che doveva proteggere i diritti dell’imputato rischia di mettere in pericolo le vittime e di favorire chi ha qualcosa da nascondere.

Il silenzio del governo
Significativo ed emblematico il silenzio del governo su questo caso. Nessuna replica, nessun commento, nessuna difesa della riforma. Un silenzio che suona quasi come un imbarazzo, come se nemmeno chi ha voluto questa legge sapesse come giustificare i suoi effetti perversi.
Il ministro Nordio aveva promesso una giustizia più equilibrata ma quello che sta emergendo sembra essere un sistema che favorisce chi ha le risorse per sfruttarne le complessità procedurali. Probabilmente, non è questo l’equilibrio che i cittadini si aspettavano.
Burocrazia giudiziaria: il nuovo rifugio dei corrotti
Il caso “Mister asfalto” rivela una verità scomoda: stiamo assistendo alla nascita di una burocrazia giudiziaria che protegge più i procedimenti che la sostanza della giustizia. Pellegrini non è libero perché innocente ma perché qualcuno non ha compilato correttamente una pratica.
È il trionfo della forma sulla sostanza, della procedura sulla verità. Un sistema che premia chi sa muoversi tra le pieghe della burocrazia e penalizza chi confida nella forza delle prove e nella chiarezza dei fatti.
Le vittime dimenticate
In tutto questo dibattito su procedure e garanzie, si perdono di vista le vere vittime: i cittadini che subiscono gli effetti della corruzione, in questo caso specifico negli appalti pubblici. Strade mal fatte, lavori che costano il doppio, servizi pubblici scadenti.

La Riforma Nordio, così come si sta applicando, rischia di non garantire i diritti, sacrificandoli sull’altare di un garantismo mal interpretato che tutela soltanto chi ha le risorse per farsene scudo.