Il primario del San Raffaele, durante la pandemia, ha proposto scenari epidemiologici spesso contrastanti ma ha riferito anche diverse verità poi ignorate dal mondo accademico.
Milano – Da quando siamo stati investiti dalla pandemia abbiamo assistito ad una sorta di ”spettacolarizzazione dei camici bianchi” nei palinsesti delle televisioni italiane. Oltre all’andamento dei contagi andrebbe attentamente analizzato il flusso degli interventi dei luminari della prima serata, quali Andrea Crisanti, Massimo Galli, Matteo Bassetti e, primo fra tutti, Alberto Zangrillo.
Possiamo dire che fra i tanti sapienti è, senza dubbio alcuno, il più ”scenografico” perché le serate in cui è ospite in qualche trasmissione assumono un nota diversa quasi da show all’americana. Come quella, ormai diventata celebre, del 31 maggio scorso quando dinanzi ad un’allibita Lucia Annunziata annunciò che il nuovo Coronavirus era clinicamente morto, sollevando un polverone mediatico e scientifico non indifferente.
Eppure a due suoi illustri pazienti, Flavio Briatore e Silvio Berlusconi, il virus non ha fatto sconti, facendo traballare la sua teoria del ”clinicamente defunto” e inducendolo ad ammettere, durante una conferenza stampa, di avere usato ”un tono forte, probabilmente stonato”, senza però rinnegare il concetto di fondo. Il disconoscimento, infine, si era reso necessario a causa dell’impennata dei contagi, suggellato poi dall’affermazione ”A maggio il virus era in ritirata, ma oggi è tornato a mordere”. Il perché vallo a sapere.
E cosa dire delle litigate tra il prorettore dell’Università San Raffaele e primario di anestesia e rianimazione dell’ospedale milanese e il primario di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco, Massimo Galli? La sovraesposizione mediatica di questi ultimi mesi si è trasformata in una querelle senza esclusione di colpi, fondata sul binomio minimizzazione-rigidismo dei due scienziati.
”Non dobbiamo farci la guerra” ha detto Zangrillo durante la trasmissione ”Accordi e disaccordi” in onda su Nove. ”Dobbiamo ricavare dati che dobbiamo elaborare, lavorando insieme senza andarci contro” ha aggiunto il prof dopo lo scontro precedente andato in onda e durante il quale erano volate battute al vetriolo che sono fluttuate dal ”Mi denunci” provocatorio del prorettore al “Non posso, il negazionismo non è un reato” del collega primario.
Zangrillo, colui il quale aveva sostenuto che il Governo italiano aveva conteggiato tra i morti per coronavirus anche le vittime di incidenti stradali (evento confermato anche da altre autorevoli fonti), colui che contro il Dpcm del 26 ottobre aveva tuonato ”Ha vinto chi voleva terrorizzare”, quello che un professore di Diritto romano voleva processare addirittura a Norimberga, quello che Galli ha ritenuto responsabile di avere mandato messaggi sbagliati agli italiani facendo abbassare la guardia: è davvero un negazionista?
Eppure lui continua imperterrito, sostenendo che la scena che si trova davanti lui stesso tutti i giorni in ospedale non è completamente aderente alla realtà descritta dalla stampa. ”Non è così. In questo momento noi abbiamo una situazione che è completamente diversa da quella che state, che stanno, tutti narrando” ha continuato l’esperto, sottolineando che il 70% delle persone che arriva in ospedale sono codici verdi che dovrebbero rimanere a casa in isolamento. Vero o falso?
Secondo il primario del San Raffaele è necessario adottare misure proporzionate ad una situazione che si sta evolvendo ma che non è drammatica. Se la giudichiamo drammatica “Possiamo piantarla lì. Abbiamo perso prima di iniziare” ha chiosato il dottor Ma Zangrillo è così, le vie di mezzo non fanno parte del suo repertorio. Una sorta di figura mitologica, metà luminare e metà eroe: non per niente nel 2015 salvò la vita ad un quattordicenne che si era tuffato nel Naviglio, restando intrappolato sott’acqua per almeno una quarantina di minuti.
Recuperato dai pompieri in arresto cardiaco, il medico di origini genovesi lo strappò ad una morte quasi certa, rifiutandosi di seguire in modo rigido le procedure di salvataggio. Vocazione da supereroe a parte, quella politica da lui sempre schivata è tornata a bussare alla sua porta, forse complice le numerose comparsate in tv.
Si era fatto il suo nome come di un possibile candidato a sindaco di Milano durante la prima ondata della pandemia e ancora su di lui la politica aveva puntato i riflettori quando aveva definito il nuovo ospedale della Fiera di Milano “una superastronave del deserto”. Una definizione calzata a pennello per diversi mesi ma i numeri di casi in Lombardia delle ultime ore sembrano dargli torto. Zangrillo a parte basta vedere la tv al mattino e i talkshow del pomeriggio per rendersi conto che lo spettacolo circense continua alla grande. Tra menzogne e mezze verità
Ti potrebbe interessare anche —->>
MILANO – OSPEDALE IN FIERA. DE ROSA M5S: QUANTO COSTA AI CITTADINI LOMBARDI?