Pensava di finire diversi libri e progettava altre iniziative artistiche e culturali. Ne traccia un profilo Aldo Grasso, critico televisivo, che conosceva Daverio molto bene e ne apprezzava carattere e rare qualità
Milano – Nella sala della Passione della Pinacoteca di Brera è stata allestita la camera ardente (sabato i funerali in forma privata) di Philippe Daverio, lo storico d’arte scomparso ieri a Milano, all’età di 70 anni. Sopra il feretro – bara bianca ricoperta di rose rosse – la vedova Elena Gregori ha deposto la decorazione della Legion d’onore, una rosa rossa, un papillon e gli occhiali, segni inconfondibili del suo look usuale:
“…Penso che non se lo aspettasse nemmeno lui di andarsene – ricorda Elena Gregori – non dico che fosse giovane ma a 70 anni non si è neanche decrepiti e aveva ancora tantissimi progetti, le bozze di tantissimi libri da finire. Sono distrutta ci conoscevamo da quando avevo 17 anni; quanto abbiamo litigato, però come tutte le persone ingombranti poi mancano molto…È proprio il caso di dire che non ho parole. Di questo sarà contento perché lui in realtà ci teneva, gli piaceva che la folla lo amasse e ne ha avuto dimostrazione. Era un uomo speciale, incredibile, aveva una sensibilità al di là del normale per capire le situazioni e le persone, era molto generoso disponibile con chiunque gli chiedesse consigli, pareri… Penso che saranno effettivamente in molti a rimpiangerlo, certo per noi a casa è dura...”.
Passepartout, il programma di divulgazione artistica di Philippe Daverio – spiega Aldo Grasso, critico televisivo e giornalista – per molto tempo ha saputo narrare il mondo attraverso quel racconto privilegiato che è la storia dell’arte: per fare un programma culturale non basta parlare di cultura. Non è nemmeno necessario evocare «linguaggi alternativi», bisogna invece avere competenza, passione e gusto per il dettaglio. Daverio aveva tutte queste peculiarità insieme.
Nel settembre 2011, dopo dieci anni di trasmissioni, la Rai decide di chiudere “Passepartout”. A questo atto di ottusità della tv di Stato, Daverio rispose con ironia, componendo un elogio funebre della sua trasmissione:”…È improvvisamente mancato Passepartout, nel pieno della sua salute – scrisse lo storico – lo compiangono la redazione tutta e centinaia di migliaia di affezionati suoi seguaci. La causa del decesso è da ascriversi probabilmente ad una pallottola vagante sparata durante il riordino amministrativo recente della Rai che si è trovata costretta a passare dall’ordinamento privato della sua gestione a quello pubblico più consono alle risorse erariali che la alimentano…”.
Daverio – evidenzia Grasso – aveva una straordinaria capacità di farsi capire senza per questo evitare la complessità dei discorsi, di descrivere manifestazioni conosciute (dalla Biennale al Salone del Mobile) con un occhio diverso, di non trattare mai la cultura al pari di un oggetto o di un argomento, come di solito fanno le précieuses ridicules della tv. Come ha detto la vedova ci mancherà. Tanto.