migrante gay

MIGRANTE-GAY: UN BINOMIO UTILE AGLI AVVOCATI O UNA VANTAGGIOSA VERITA’?

Interessante la proposta del consiglio nazionale Forense che prevede la modifica dell’art. 111 della Costituzione finalizzate a libertà e autonomia del professionista e necessità della difesa tecnica.

Alcuni giorni fa, sul Corriere della Sera è apparsa una notizia che poneva l’accento su un presunto escamotage utilizzato dai migranti per ottenere un permesso di soggiorno. Secondo quanto riportato, molte persone richiedenti asilo si dichiarerebbero gay, ma non per una reale tendenza sessuale, bensì su suggerimento dell’avvocato che li assiste nelle pratiche di accoglienza nel territorio italiano.

La notizia non può che lasciare tutti sconcertati: sia gli avvocati sia le associazioni di supporto ai migranti e alle persone omosessuali sia la magistratura giudicante e, non per ultima, l’opinione pubblica.

Parlando da Avvocato, quale sono, reputo la vicenda, qualora confermata, molto grave. E’ inaccettabile che un collega spinga il proprio cliente a costruirsi una falsa storia ed una falsa identità sessuale, pur di ottenere un permesso di soggiorno che, probabilmente, in maniera legittima non potrebbe ottenere. Pur comprendendo le vicende spesso strazianti dei migranti e l’esigenza di questi ultimi di cercare dalla vita una seconda possibilità, noi avvocati siamo chiamati ad assisterli secondo lealtà e verità.

Purtroppo, specie negli ultimi anni, troppo spesso si è messo in discussione il ruolo sociale dell’avvocato: sovente i comportamenti tenuti dai professionisti hanno minato il decoro dell’avvocatura. In questo senso sembra interessante l’iniziativa avanzata dal Consiglio Nazionale Forense che, nell’ottica del rafforzamento del ruolo dell’avvocato, ha avanzato una proposta di modifica dell’art. 111 della Costituzione (disposizione in materia di giusto processo), così da prevedere la libertà e l’autonomia del professionista e la necessità della difesa tecnica. Sarebbe questa una svolta importante per la rinascita dell’immagine dell’avvocato che, d’altro canto, sarebbe così investito di una maggiore responsabilizzazione.

migranti e omosessualità

Analizzando la notizia dal punto di vista delle associazioni di aiuto ai migranti e alle persone omosessuali, l’attacco è tutt’altro che velato: anche questi soggetti sono chiamati a difendere il proprio ruolo fondamentale nel tessuto sociale e la loro indiscutibile professionalità. Sentirsi ascoltati e accolti in un Paese diverso dal proprio è importante per lo sviluppo psico-sociale del migrante (omosessuale o no) e per il suo migliore inserimento nella società. Le notizie di cronaca ed alcuni dati statistici spesso allarmano l’opinione pubblica, lasciando immaginare che la criminalità italiana sia aumentata da quando sono giunti i migranti sulle nostre coste e che la maggior parte dei richiedenti asilo non siano persone dabbene. Essere accettati in una nuova realtà è utile per crearsi un futuro nella piena legalità. D’altro canto, anche le stesse associazioni per i diritti dei gay non possono che svolgere la propria attività in piena coscienza, trasparenza e professionalità, cercando di comprendere la reale tendenza sessuale della persona che si affida a loro: resta poi nella disponibilità del giudicante la decisione sulla credibilità o meno di una dichiarazione di omosessualità del migrante, ai fini del riconoscimento della protezione internazionale.

codice deontologico

I giudici, dal canto loro, devono indagare sulla vicenda personale del richiedente asilo, acquisendo prima le informazioni sulla situazione generale del Paese d’origine, poi valutando le istanze del migrante e la credibilità delle sue dichiarazioni più o meno indiziarie, più o meno documentate. Non è, quindi, così automatico che un migrante che si dichiari gay (che poi lo sia per davvero o meno) ottenga il riconoscimento dello status di rifugiato solo per questa ragione.

E’ prevedibile che l’opinione pubblica, di fronte a una notizia del genere, guardi con maggiore sospetto la classe degli avvocati; è altrettanto logico che si domandi se il sistema giustizia possa bloccare in qualche modo questo meccanismo perverso, qualora verificato. Infine anche la politica ha il suo ruolo, in specie se si considera che negli ultimi anni spesso il tema dei migranti è stato al centro di accese polemiche tra opposti orientamenti ed ha rivestito un ruolo fondamentale nelle scelte di voto degli italiani.

Gli interrogativi che sorgono da un’analisi della vicenda sono molti: a ciascuno è dato rielaborare personalmente le informazioni in maniera meditata. Saranno davvero gli avvocati a suggerire ai migranti di dichiararsi gay? Magari quelle persone sono davvero omosessuali e provengono da Paesi omofobi, come il Mali o il Gambia, per cui hanno sempre tenuto nascosta la vera tendenza sessuale. I magistrati possono fare qualcosa? Per cominciare, la Corte di Giustizia UE ha vietato l’uso della perizia psicologica per accertare l’omosessualità dei migranti, perché ha ritenuto che si trattasse di uno strumento troppo invasivo della libertà e dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo.

permesso di soggiorno migranti

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