Nel mirino un’azienda di commercio all’ingrosso di apparecchiature e software informatici che operava attraverso un prestanome.
Como – Le Fiamme gialle di Como hanno dato esecuzione al sequestro preventivo di 11,7 milioni di euro nei confronti di 6 indagati per reati fiscali. Le indagini condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria scaturiscono da un’attività d’intelligence effettuata nei confronti di una S.r.l. della provincia lariana che, dal 2019, ha iniziato a manifestare alcuni indici di anomalia meritevoli di essere investigati. In particolare l’azienda aveva, in un primo momento, mutato radicalmente il proprio oggetto sociale transitando nel settore del “commercio all’ingrosso di apparecchiature e software informatici”, per poi incrementare in modo esponenziale e sospetto il proprio volume d’affari. A tale incremento non è corrisposto però il pagamento delle imposte dovute, avendo la S.r.l. omesso di presentare le prescritte dichiarazioni fiscali per importi di svariati milioni di euro.
I primi approfondimenti ispettivi hanno permesso di disvelare come il legale rappresentante dell’azienda fosse in realtà un mero prestanome, peraltro senza fissa dimora, privo di capacità imprenditoriali, nonché di individuare, successivamente, mediante pedinamenti, sopralluoghi e intercettazioni dei mezzi di comunicazione, l’identità dei reali amministratori. Le successive indagini hanno consentito di appurare che questi ultimi, da un anonimo e sconosciuto ufficio ubicato nella provincia lariana, fornivano all’impresa beneficiaria della frode, operante nella provincia di Monza-Brianza, un pacchetto “chiavi in mano” finalizzato all’evasione delle imposte, gestendo il “cassetto fiscale” e i conti correnti di tre società “cartiere”, occupandosi anche dell’emissione di fatture false strumentali all’abbattimento del reddito da sottoporre a tassazione.
Durante le successive perquisizioni sull’intero territorio nazionale disposte dal Pubblico Ministero titolare delle indagini Massimo Astori, i finanzieri hanno sequestrato ed analizzato pc, tablet e telefoni cellulari degli indagati, nonché documentazione contabile riconducibile alle società “cartiere” coinvolte nella frode, rivelatesi prive di sedi, attrezzature e personale dipendente.