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Maxi-blitz antidroga in Veneto: sgominata banda di narcotrafficanti

In tutto gli indagati sono 65. Sequestrati cocaina, eroina, hashish e marijuana per oltre 34 milioni di euro.

Padova – Una vasta organizzazione dedita al traffico di stupefacenti, composta da italiani e albanesi, è stata sgominata dalla Guardia di finanza, al termine di un’indagine condotta dal Nucleo di Polizia economica di Padova e dello S.C.I.C.O., coordinati dalla procura distrettuale di Venezia e coadiuvati da unità cinofile, due elicotteri e altri Reparti del Corpo. Nel blitz avvenuto stamani sono stati arrestate 19 persone, 14 delle quali sono finite in carcere e 5 – uno residente in Germania – agli arresti domiciliari. Tutte dovranno rispondere del reato associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. Sequestrati cocaina, eroina, hashish e marijuana per un valore di oltre 34 milioni di euro, oltre a un milione in contanti.

Durante le indagini sono state arrestate in flagranza altre 17 persone, ritenute «corrieri» della droga, nel Nordest e lungo la dorsale adriatica, da Bergamo a Bologna a Udine, da ancona ad Arezzo fino a Bari. Altre perquisizioni sono state svolte a Treviso, Venezia, Monza Brianza e Ravenna.

In tutto sono quindi 65 gli indagati a vario titolo. La droga giungeva dall’Olanda, attraverso la Germania, e dall’Albania, fino al territorio nazionale.

A capo del sodalizio c’era, secondo gli investigatori, un cittadino albanese residente a Ponte di Piave (Treviso). Le indagini sono partite dall’arresto di una coppia nel gennaio 2020, con il sequestro di 2 Kg di eroina. Con intercettazioni e analisi dei tabulati telefonici è stata ricostruita la “filiera” del narcotraffico, con il coinvolgimento di altri cittadini albanesi e i numerosi corrieri, con due basi logistiche nel Veneto orientale, a Eraclea e Musile di Piave (Venezia). L’organizzazione usava cellulari criptati e un sistema di messaggistica cifrato e non intercettabile, gestendo così gli ordini dei clienti e ricercando autisti.

La Procura lagunare ha disposto gli accertamenti patrimoniali mediante il sistema «Molecola», ideato e sviluppato dallo S.C.I.C.O., che ha permesso di risalire a beni per un milione di euro, tra cui una società svizzera che produceva e coltivava la canapa, intestata formalmente alla moglie del boss, sette edifici e diverse automobili di pregio, tutti sequestrati.

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