Martina Carbonaro uccisa Alessio Tucci

Martina Carbonaro, il perito: “Uccisa nel cantiere Pnrr: incustodito nonostante i fondi pubblici”

Il delitto avvenuto nel centro sportivo comunale Luigi Moccia di Afragola, non nel casolare abbandonato. La denuncia della famiglia: cantiere aperto e incustodito nonostante i fondi pubblici. Il legale annuncia la richiesta di risarcimento.

Napoli – Martina Carbonaro non è stata uccisa in un casolare abbandonato, come inizialmente ipotizzato, ma all’interno di un cantiere attivo e pubblico, situato nel centro sportivo comunale Luigi Moccia di Afragola. Un’area finanziata con fondi del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), che avrebbe dovuto essere sottoposta a rigorosa vigilanza e invece si è rivelata del tutto incustodita. Lo sostiene l’architetto Paolo Sibilio, consulente tecnico della famiglia della vittima, su incarico dell’avvocato Sergio Pisani.

Una zona interdetta che invece era accessibile

Martina, 14 anni, è stata uccisa dall’ex fidanzato poco più che maggiorenne, che ha già confessato. Ma ora la famiglia solleva un ulteriore profilo di responsabilità: il luogo dell’omicidio non era casuale. «Martina è stata uccisa – spiega Sibilio – nei locali sovrastanti gli spogliatoi del palazzetto all’interno del centro sportivo, in un’area oggetto di ristrutturazione con fondi pubblici. Il cantiere, secondo le normative, avrebbe dovuto essere chiuso al pubblico e sorvegliato, non solo per la sicurezza dei lavoratori ma per quella di tutti». Invece, in quel cantiere si è consumata una tragedia annunciata.

Il ruolo del Pnrr e l’assenza di risposte istituzionali

I lavori di ristrutturazione del palazzetto dello sport erano interamente finanziati dal Pnrr. Ma secondo l’architetto e la parte civile, l’ente responsabile non ha risposto a nessuna delle richieste formali di chiarimento inviate dopo il ritrovamento del corpo. «L’assenza di controlli in un’area pubblica sottoposta a lavori è gravissima – afferma l’avvocato Pisani – e se l’omicidio fosse stato premeditato, la scelta del luogo non sarebbe stata casuale. Se invece non lo era, quel cantiere ha offerto comunque un’occasione perfetta: una pietra usata come arma a portata di mano e totale isolamento per occultare il corpo».

Anche la criminologa Bruzzone nelle indagini

La famiglia di Martina si è avvalsa anche della collaborazione della criminologa Roberta Bruzzone, chiamata a dare un contributo all’inchiesta e alla ricostruzione delle dinamiche del delitto. L’obiettivo è fare luce su ogni responsabilità, anche quelle indirette, che possano aver favorito il tragico epilogo.

Il legale annuncia la richiesta di risarcimento

Intanto l’avvocato Sergio Pisani, legale della famiglia di Martina Carbonaro ha annunciato che procederà a una richiesta di risarcimento. “Ritengo che ci siano delle gravi responsabilità da accertare – sottolinea all’ANSA il legale -, sicuramente non c’erano adeguate misure di sicurezza nel cantiere dove Martina è stata uccisa, dove Alessio ha trovato l’arma del delitto e dove poi ha cercato anche di occultarne il corpo”.

L’avvocato rivolge anche un appello alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “Chiedo il suo intervento per capire com’è possibile che un cantiere finanziato con i fondi del Pnrr versasse in condizioni di totale abbandono, senza la minima predisposizione di misure di sicurezza”.

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