Interesserà tutta la pubblica amministrazione e tutti i soggetti giuridici che ricevono fondi statali. Si lavora sul perimetro della platea.
Roma – Dopo l’approvazione del Cdm la manovra è attesa a Montecitorio. I tecnici sono ancora al lavoro per mettere a punto gli ultimi dettagli. Tra le norme che si stanno limando prima dell’arrivo della legge di Bilancio in Parlamento c’è quella sul limite onnicomprensivo (da 240mila a 160mila euro lordi annui) per i compensi dei manager di enti pubblici e privati che ricevono contributi dello Stato. Interesserà tutta la pubblica amministrazione e tutti i soggetti giuridici che ricevono fondi statali. Si lavora sul perimetro della platea: sicuramente escluse solo le quotate e Stretto di Messina spa.
Tra i nodi ancora da sciogliere, ci sarebbe quello dell’esatta formulazione della norma sul contributo degli istituti bancari che dovrebbe prevedere un anticipo sulle Dta (le imposte differite attive) del valore di tre miliardi. Nel mirino c’è anche la stretta sul tetto agli stipendi (da 240mila a 160mila euro lordi annui) dei manager di enti pubblici e privati che ricevono contributi dello Stato, su cui molti potenziali obiettivi avrebbero già mostrato disappunto: la misura dovrebbe essere confermata in manovra, ma non è ancora chiaro con quale perimetro.
Il governo punta a dare una sforbiciata agli stipendi dei manager di enti pubblici e privati che ricevono contributi dallo Stato. La manovra introduce un tetto che fissa l’asticella dei compensi al livello dell’indennità del presidente del Consiglio e dei ministri, che ammonta a circa 160mila euro (80mila netti). Una norma “di buonsenso”, dice la premier Giorgia Meloni. Che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti colloca tra le misure di “buon uso del denaro pubblico” della legge di bilancio. Il tetto attuale per i manager pubblici è di 240 mila euro, di poco aumentati per consentire i rinnovi contrattuali, ed è equiparato all’indennità del presidente della Repubblica.
Lo stesso Giorgetti ha confermato in conferenza stampa: “Anche tutto l’universo di quelli che sono enti, soggetti, fondazioni che non sono esattamente figlie dei ministeri ma ricevono contributi a carico dello Stato saranno chiamate a rispettare alcune regole elementari di buona finanza”. La premier cita anche gli “enti privati che prendono contributi pubblici”. La stretta si tradurrà in un abbassamento del tetto per i compensi degli organi di vertice dagli attuali 240mila euro previsto per i manager pubblici al livello “ragionevole ed equo” dell’indennità percepita dalla presidente del Consiglio e dei ministri.
Gli stipendi da considerare, precisa il ministro, saranno “omnicomprensivi”, inclusi quindi anche tutti i vari compensi che si possono percepire all’interno dell’ente a vario titolo, come gettoni o diarie. Le società dovranno tagliare spese di rappresentanza e di pubblicità. Il perimetro dell’intervento, come detto, è ancora in via di definizione ed è probabile che vengano posti alcuni paletti, vista la mole di soggetti che rischiano di essere coinvolti. L’elenco degli enti che rientrerebbero nel perimetro Istat delle pubbliche amministrazioni è lunghissimo. Secondo alcuni tecnici, la norma riguarderebbe in prima battuta tutte le entità partecipate che oggi anche in parte minoritaria si sentono escluse dai vincoli applicati a tutta la Pa. Si fanno esempi come Aci, Camere di commercio, Cri, fondazioni e associazioni private che ricevono finanziamenti pubblici.
Per chi non si adegua si prospetta la perdita dei contributi pubblici. “Può darsi che qualcuno possa rinunciare anche al contributo pubblico e decidere autonomamente cosa fare, qualcun altro altro continuerà a richiederlo ma si dovrà adeguare”, osserva Giorgetti. Che richiama anche gli organi di controllo a vigilare: “collegi dei revisori dei conti e gli ispettori della Ragioneria sono chiamati a far rispettare questa norma”. Al tetto attuale di circa 240mila euro sfuggono poche eccezioni, precisa Il Corriere della Sera: società quotate, quelle che emettono strumenti finanziari quotati (come Fs, Anas, Cdp), la Stretto di Messina spa, che ha una deroga specifica introdotta nel 2023. Invece enti, società, onlus, cooperative sociali, fondazioni, associazioni e imprese che ricevono sovvenzioni pubbliche, di “carattere non generale” e non a fronte di servizi prestati, sono già obbligati per legge a pubblicare annualmente l’elenco dei contributi ricevuti dallo Stato.