Manager violentata e licenziata: cosa succede adesso

Confermata la responsabilità dell’imputato in appello; intanto la donna chiude la causa civile con l’ex azienda tramite un accordo riservato.

Milano – La recente decisione della Corte d’Appello ha rappresentato un passaggio importante nel percorso giudiziario legato alla vicenda della manager 32enne, vittima di violenza di gruppo in un locale della zona dei Navigli nel marzo 2023.

Il legale che la assiste nel processo penale ha spiegato che il procedimento non è ancora vicino alla conclusione. Dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza d’Appello, serviranno ulteriori mesi affinché le controparti presentino eventuali ricorsi e perché la Corte di Cassazione stabilisca una data per la discussione finale. Secondo il difensore, prima di un anno non è realistico attendersi un pronunciamento definitivo.

La condanna confermata in secondo grado riguarda un giovane di 23 anni, accusato di avere approfittato delle condizioni della donna durante la notte dei fatti. Le indagini coordinate dalla Procura, e successivamente confermate dai giudici, hanno evidenziato come la vittima non fosse in grado di opporsi né di prestare un consenso consapevole, a causa dello stato di forte alterazione in cui si trovava. Gli inquirenti avrebbero ricostruito un quadro in cui l’imputato era pienamente consapevole della situazione. Parallelamente al suo procedimento, prosegue il giudizio ordinario nei confronti di due 27enni, gestori del locale, anch’essi coinvolti nella vicenda.

La donna non ha mai preso parte alle udienze, scelta dettata dal timore di rivivere in aula momenti che continua a percepire come traumatici. Secondo il suo avvocato, la giovane professionista sta cercando, con fatica, di recuperare una quotidianità stabile, nonostante il percorso giudiziario in corso renda complesso il distacco emotivo.

Sul piano civile, la manager ha recentemente chiuso un altro capitolo legato alle conseguenze dell’accaduto: il licenziamento ricevuto dalla multinazionale per cui lavorava all’epoca dei fatti. L’azienda aveva motivato il provvedimento con un presunto calo di performance, ma la difesa della donna aveva contestato la decisione, sostenendo l’assenza di valide ragioni. La controversia, discussa davanti al Tribunale di Torino, si è conclusa negli ultimi giorni con un accordo conciliativo. I dettagli dell’intesa rimangono riservati, ma il suo legale ha dichiarato che la soluzione raggiunta è stata considerata soddisfacente dalla propria assistita, pur restando la donna profondamente provata dall’intero percorso.