L’ira del sindaco: “A questa aggressione mi opporrò con tutto me stesso, come mi sono opposto ai mafiosi”. Il Viminale: “Era necessario”.
Bari – Un vero e proprio terremoto che scuote la città e che rischia di concludersi con lo scioglimento del Comune per pericolosi intrecci mafia-politica. La scossa che rischia di far crollare tutto è stata causata dall’inchiesta ‘Codice Interno’, che ha rivelato commistioni preoccupanti tra criminalità, imprenditoria e mondo della politica barese. L’indagine, condotta dalla direzione distrettuale antimafia, il 26 febbraio scorso ha portato all’arresto di 130 persone accusate di vari reati e, tra loro, di due esponenti politici, Giacomo Olivieri, ex consigliere regionale, e della moglie Maria Carmen Lorusso, consigliera comunale di maggioranza, poi dimessasi.
Il risultato? Come accade quasi sempre quando il sistema collassa, il Comune di Bari va verso lo scioglimento. Più che una ipotesi. La commissione nominata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi dovrà prendere una decisione mentre il sindaco Antonio Decaro, infuriato e in fibrillazione, sui social parla di “un atto di guerra contro la città”. Ma per il Viminale “è atto necessario”, e questo preannuncia un duro e lungo braccio di ferro con il primo cittadino pugliese. “Il ministro Piantedosi mi ha comunicato telefonicamente che è stata nominata la commissione di accesso finalizzata a verificare una ipotesi di scioglimento del Comune”, scrive Decaro sulla propria pagina Facebook.
“L’atto, come un meccanismo a orologeria – insorge il sindaco – segue la richiesta di un gruppo di parlamentari di centrodestra pugliese, tra i quali due viceministri del Governo e si riferisce all’indagine per voto di scambio in cui sono stati arrestati tra gli altri l’avvocato Giacomo Olivieri e la moglie, consigliera comunale eletta proprio nelle file di centrodestra. Incuranti delle parole del procuratore distrettuale antimafia che in conferenza stampa ha detto testualmente: ‘L’amministrazione comunale di Bari in questi anni ha saputo rispondere alla criminalità organizzata’, gli stessi soggetti che nel 2019 hanno portato in Consiglio Comunale due consiglieri arrestati per voto di scambio, ora spingono per lo scioglimento di un grande capoluogo di regione, evento mai successo in Italia, nemmeno ai tempi dell’inchiesta su Mafia Capitale”.
Il j’accuse di Decaro prosegue: “È un atto gravissimo che mira a sabotare il corso regolare della vita democratica della città di Bari, proprio, guarda caso, alla vigilia delle elezioni. Elezioni che il centrodestra a Bari perde da vent’anni consecutivamente. Per le quali stenta a trovare un candidato e che stavolta vuole vincere truccando la partita. A questa aggressione io mi opporrò con tutto me stesso, come mi sono opposto ai mafiosi di questa città. Fosse l’ultimo atto della mia esperienza politica. Non starò zitto. Non assisterò in silenzio a questa operazione di inversione della verità e di distruzione della reputazione di una amministrazione sana e di una intera città”.
Poi aggiunge in un post scriptum: “se gli uffici del Ministero non hanno ritenuto di leggere le carte che ho consegnato, le farò leggere ai cittadini. E come ho sempre fatto, lascerò che siano loro a giudicare”. Ma neppure Piantedosi tace restando a guardare. A stretto giro arriva in una nota la replica del Viminale. In relazione al provvedimento di accesso ispettivo nei confronti del Comune di Bari, di cui ha dato notizia il Sindaco Decaro, il ministero dell’Interno precisa “che lo stesso si è reso necessario in esito a un primo monitoraggio disposto sui fatti emersi a seguito dell’indagine giudiziaria che ha portato a più di 100 arresti nel capoluogo pugliese e alla nomina, da parte del Tribunale, ai sensi dell’art. 34 del codice antimafia, di un amministratore giudiziario per l’azienda Mobilità e Trasporti Bari spa, interamente partecipata dallo stesso Comune”.
Il Viminale precisa inoltre “che l’accesso ispettivo, disposto ai sensi di specifiche previsioni di legge, a Bari come in altri diversi enti locali per analoghe circostanze, non è pregiudizialmente finalizzato allo scioglimento del Comune bensì ad un’approfondita verifica dell’attività amministrativa, anche a tutela degli stessi amministratori locali che potranno offrire, in quella sede, ogni utile elemento di valutazione”.
Il giorno dopo l’intervento deciso dalla Direzione Distrettuale Antimafia, un gruppo di parlamentari pugliesi aveva chiesto un incontro con Piantedosi. All’incontro avevano partecipato anche il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, il sottosegretario alla Sanità Marcello Gemmato, il senatore Filippo Melchiorre e altri tre parlamentari, tutti legati ai partiti dell’attuale maggioranza di governo di destra e tutti eletti in Puglia. La Commissione parlamentare Antimafia, guidata da Chiara Colosimo di Fratelli d’Italia, aveva a sua volta aperto un fascicolo. Se si dovesse arrivare alla nomina di un commissario, le elezioni potrebbero slittare fino al limite dei 18 mesi.
Alle parole di Decaro reagisce – male – anche il consigliere regionale pugliese e coordinatore provinciale di Fdi, Michele Picaro, che insorge su Facebook: “è veramente sconcertante leggere le dichiarazioni del sindaco. Invece di dichiarare guerra alla mafia, cosa fa? Si lascia andare al solito vittimismo arrivando persino a mistificare la realtà giudiziaria”. Picaro condanna questo “continuo girare la testa dall’altra parte” rispetto alla realtà e alla longa manus del clan Parisi sulla città. “Se in 15 anni di governo della città, il sindaco Decaro non ha visto, non ha sentito e non ha parlato, il prefetto di Bari non poteva fare altrettanto. Ritenere che la richiesta di accesso della commissione d’indagine sia un atto politico è di una gravità inaudita che mina i più elementari principi di rispetto delle istituzioni” rimarca l’esponente di Fdi.