Cosa Nostra, operazione dei carabinieri nell’Agrigentino: 23 affiliati in manette [VIDEO]

Colpo alle “famiglie” di Porto Empedocle e Agrigento/Villaseta. I clan padroni del territorio grazie a estorsioni, pizzo e monopolio sulla droga. Sventata una probabile guerra di mafia.

Palermo – Una vasta operazione antimafia condotta dai Carabinieri di Agrigento ha portato a 23 fermi eseguiti tra Agrigento, Porto Empedocle, Favara e Canicattì, ma anche a Gela. Fra i coinvolti risultano anche nominativi di un certo peso per l’Agrigentino, come l’empedoclino Fabrizio Messina, fratello del boss Gerlandino, e Pietro Capraro della famiglia mafiosa di Agrigento-Villaseta.

I provvedimenti sono stati disposti dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo guidata dal Procuratore Maurizio de Lucia ed eseguiti dal Reparto operativo dei Carabinieri. L’accusa è, a vario titolo, di detenzione, spaccio e traffico di droga aggravato dal metodo mafioso e danneggiamento. Contestualmente sono state eseguite perquisizioni personali e domiciliari delegate dalla Procura nei confronti di ulteriori 20 indagati nel medesimo procedimento penale.

Il blitz di questa mattina giunge a conclusione di un’attività di indagine cominciata nel mese di dicembre 2021, inchiesta che ha ricostruito l’organigramma e le attività criminali delle famiglie mafiose di Porto Empedocle e di Agrigento/Villaseta, condotte dai rispettivi presunti capi: Fabrizio Messina, 49 anni e Pietro Capraro di 39, entrambi pregiudicati.

Pur essendo stata sensibilmente intaccata nel corso degli anni da varie operazioni, Cosa Nostra agrigentina è tutt’oggi pienamente operante, dotata di ingenti disponibilità economiche e di numerose armi, per di più in un contesto caratterizzato da una  instabilità degli equilibri mafiosi faticosamente raggiunti nel tempo, cui si aggiungono i sempre più pericolosi, persistenti e documentati collegamenti tra gli associati ristretti all’interno del circuito carcerario e gli ambienti criminali esterni.

Dda e carabinieri in campo contro Cosa Nostra

Gli inquirenti, infatti, hanno riscontrato un sistematico utilizzo di apparecchi telefonici da parte degli uomini d’onore, o di soggetti contigui al sodalizio, durante i rispettivi periodi di detenzione, lasciandone in tal modo inalterate le capacità di comando e consentendo loro di mantenere i contatti con i correi in libertà e di impartire ordini e direttive.

La capacità dell’associazione mafiosa di controllare le dinamiche criminali del territorio è emersa in modo evidente dalla commissione di numerosi reati: estorsioni, detenzioni di armi, incendi e danneggiamenti. Nel corso dell’attività investigativa è stato provato come gli affiliati ai clan, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dall’appartenere a Cosa Nostra, abbiano costretto l’amministratore di una società aggiudicataria dei lavori di raccolta e di trasporto di rifiuti nel Comune di Agrigento, ad assumere quali operai almeno cinque persone a loro legate per vincoli familiari o comunque di loro fiducia. Così come hanno costretto il rappresentante di una società di carburanti ad interrompere il rapporto lavorativo con un dipendente per sostituirlo con un’altra persona a loro gradita. Accertato anche l’incendio a due autocarri intestati a una ditta di costruzioni;

E ancora. gli uomini dei clan hanno obbligato l’amministratore della società aggiudicataria dei lavori di riqualificazione della Piazza della Concordia del quartiere di Villaseta, ad assumere quale operaio una persona a loro gradita; e lo stesso hanno fatto con le assunzioni imposte anche alla ditta aggiudicataria in subappalto degli stessi lavori.

Dalle carte dell’inchiesta emerge anche una rapina presso il distributore DB di Villaseta, durante la quale gli “uomini d’onore” s’impossessavano di 400 sottratti con violenza e minaccia al dipendente. In un altro caso accertato dagli investigatori dell’Arma, hanno costretto il titolare di un bar di Agrigento ed i suoi dipendenti fornirgli cibi e bevande gratis. Sempre ad Agrigento, un altro commerciante è stato obbligato a versare un “pizzo” di mille euro al mese. Riscontrati a loro carico anche ulteriori episodi di danneggiamenti a scopo di intimidazione.

Inoltre, le “famiglie” di Porto Empedocle e Agrigento-Villaseta controllavano due distinte reti di spacciatori e trafficanti di droga che avevano stabilito un monopolio di fatto nella provincia di Agrigento. Gli stupefacenti arrivavano sul territorio grazie ai contatti e i rapporti commerciali sviluppati dai due clan non solo con i gruppi criminali delle altre province siciliane ma anche con altri gruppi sia nazionali che esteri (Belgio, Germania e Stati Uniti). Numerosissimi sono stati i trasporti di sostanza stupefacente e la sua relativa cessione a terzi al fine di essere ulteriormente rivenduta al dettaglio. Nel corso dell’indagine, infatti, sono stati sequestrati oltre 100 kg di hashish, oltre 6 kg di cocaina e, lo scorso mese di novembre, anche la somma in contanti di 120mila euro contenuta in cinque pacchi sottovuoto occultati all’interno di un’autovettura.

Le più recenti risultanze investigative hanno registrato un’improvvisa e allarmante recrudescenza di gravi atti intimidatori realizzati anche mediante l’utilizzo di armi, probabilmente dovuta sia all’imposizione del rispetto della “competenza” territoriale sia ai tentativi di osteggiare l’egemonia del gruppo mafioso allo stato al vertice della famiglia di Agrigento-Villaseta. Si profilava, pertanto, il concreto rischio che potesse verificarsi un crescendo di azioni intimidatorie che avrebbe potuto portare alla commissione di reati ancora più gravi, ovvero quella che gli stessi indagati definiscono una vera e propria “guerra” di mafia.

Nel corso dell’odierna operazione di polizia giudiziaria, le perquisizioni effettuate presso i soggetti sottoposti a fermo e presso gli altri indagati, hanno permesso di rinvenire e sequestrare vari quantitativi di sostanza stupefacente di tipo cocaina, hashish e denaro contante, nonché di trarre in arresto in flagranza di reato un ulteriore soggetto trovato in possesso di circa 200 grammi di sostanza stupefacente di tipo cocaina e 2.700 euro in contanti.

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