Sono due esponenti della famiglia di Trabia che su impulso del boss Provenzano avrebbero commissionato e pianificato l’assassinio.
Palermo – Svolta nelle indagini dell’omicidio del sindacalista Mico Geraci, ucciso a colpi di arma da fuoco l’8 ottobre 1998 davanti alla sua abitazione a Caccamo, sotto gli occhi della moglie e del figlio Giovanni. Dopo 25 anni dalla tragedia, la Direzione distrettuale del capoluogo siciliano è riuscita a ricostruire minuziosamente quell’efferato delitto definito, per molto tempo, “senza verità e giustizia”, arrestando due persone. I carabinieri del reparto operativo – nucleo investigativo del comando provinciale di Palermo, su delega della Procura, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per l’omicidio aggravato di Geraci.
Il provvedimento riguarda due esponenti della famiglia di Trabia, Pietro e Salvatore Rinella. Già detenuti per altro, sono indiziati di avere, su impulso del capomafia corleonese Bernardo Provenzano, commissionato e pianificato l’assassinio. L’omicidio venne materialmente realizzato da due giovani, poi entrambi morti ammazzati, uno dei quali, peraltro, ucciso dagli stessi destinatari dell‘ordinanza cautelare eseguita oggi. A raccontare la svolta nelle indagini il procuratore di Palermo, Maurizio de Lucia, che sottolinea: “Si è accertato che Geraci fu ammazzato per il suo impegno civico e politico, rivelandosi particolarmente scomodo per i consolidati assetti mafiosi di quel territorio”.
Le indagini svolte, sia nell’immediatezza dei fatti, da parte della Procura di Termini Imerese sia, successivamente, in seguito alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Nino Giuffrè, da parte della Procura di Palermo, infatti, non consentirono di delineare le dinamiche e il contesto dell’omicidio. Giuffrè aveva però dato spunti preziosi, raccontando il quadro in cui era maturato l’assassinio e attribuendo la decisione di eliminare il sindacalista, impegnato in politica e in prima linea nel denunciare gli interessi di Cosa nostra, al boss corleonese morto nel 2016.
Negli anni altri ex mafiosi come Emanuele Cecala, Andrea Lombardo e Massimiliano Restivo, hanno deciso di collaborare con la giustizia svelando particolari su una serie di delitti irrisolti, tra i quali quello di Geraci. Da qui la nuova riapertura dell’inchiesta. Anche la Commissione parlamentare Antimafia della XII legislatura però si è occupata del caso, dedicandovi un’apposita inchiesta che si è poi conclusa con la trasmissione all’autorità giudiziaria di una relazione contenente nuovi spunti di approfondimento.
Oggi i nuovi dettagli hanno consentito di risalire ai mandanti dell’omicidio e ai suoi esecutori materiali. Mico Geraci fu ammazzato per il suo impegno civico e politico, si era schierato apertamente, in certi discorsi, contro la famiglia mafiosa di Caccamo. Si era rivelato particolarmente scomodo per i consolidati assetti mafiosi di quel territorio sì da suscitare l’intervento e la reazione dello stesso Bernardo Provenzano che, personalmente, ne ordinò la soppressione.
Dopo 25 anni anche la famiglia del sindacalista è colpita e emozionata dalla notizia: “È una giornata importantissima perché viene riconosciuto l’impegno antimafia e viene irrobustita la matrice mafiosa dell’omicidio e che la circostanza dell’omicidio sia riconducibile all’impegno di mio padre”, afferma il figlio, Giuseppe Geraci, aggiungendo: “sono stati anni terribili dove più volte è stata messa in discussione la matrice mafiosa del delitto. Ci costituiremo parte civile. Ma sono tutti aspetti che valuteremo con il nostro avvocato Armando Sorrentino. Comprenderete che sono momenti molto toccanti per noi”, conclude.