Dopo 11 anni sulla morte di Madalina Pavlov permangono molte ombre. Una vita comune, con un grande progetto di trasferimento in Australia, interrotta bruscamente da una morte violenta.
Reggio Calabria – Madalina Pavlov aveva 21 anni e viveva a Reggio Calabria con la madre e la sorella. Si era iscritta alla facoltà di lingue dell’Università di Messina ma dopo un anno era tornata nel capoluogo calabrese e si era iscritta a Giurisprudenza, perché appassionata di criminologia. Oltre a studiare e lavorare in una pizzeria, era attiva nel volontariato. Non sapeva che presto sarebbe divenuta vittime di un omicidio brutale e ancora, purtroppo, senza colpevoli.
Quel venerdì 21 settembre 2012 il suo turno in pizzeria era finito alle 15. Poco dopo la ragazza incontra l’ex fidanzato in un bar poco distante, trattenendosi con lui fino alle 17,45. Il ragazzo a quell’ora si reca al lavoro, trattenendosi fino a tarda sera. Verso le 18 Madalina chiama un’amica che stava a Napoli, dicendole che di lì a poco si sarebbe trasferita in Australia, a Sydney. La ragazza mancava poi il suo secondo turno in pizzeria, dove era attesa per le 19.
Che cosa ha fatto fino alle 21? Questa è l’ora infatti in cui il medico legale fa risalire la sua morte avvenuta a seguito di un salto nel vuoto dalla terrazza di un palazzo in via Bruno Buozzi. Le prime indagini si sono indirizzate verso l’ipotesi del suicidio. Ma enigmi e stranezze rispetto all’ipotesi del gesto estremo sono da subito evidenti. L’impatto con il suolo sarebbe avvenuto di schiena. Sono state inoltre rilevate lesioni al viso oltre che alla parte posteriore e alla base del cranio. I particolari più inquietanti però si trovano fra gli effetti personali nella borsa della ragazza. Oltre al cellulare, al portafogli ed altri oggetti, veniva ritrovato un foglietto quadrato con la scritta via Buozzi che accompagnava probabilmente la chiave di accesso alla terrazza dello stabile da cui la giovane sarebbe precipitata.
Da un’indagine intrapresa anche tra i familiari non risulta che Madalina Pavlov conoscesse qualche inquilino di quel palazzo, né è chiaro come abbia fatto ad entrare. Nell’edificio c’era anche l’abitazione e lo studio di un ginecologo che ha fatto pensare che la ragazza potesse essere già stata lì per una visita. Madalina però non è risultata paziente del medico alle verifiche degli inquirenti. Due degli appartamenti dello stabile non sono abitati e non c’è portiere.
Il medico legale e consulente della famiglia, Mario Previtera, ha dichiarato che presumibilmente un uomo avrebbe colpito al volto la ragazza prima della sua caduta. Ci sono anche altri elementi dissonanti rispetto alla versione di una caduta volontaria della vittima. La donna indossava soltanto uno stivale, mentre l’altro è stato trovato in strada, poco distante, assieme ad una calza. Inoltre la sorella di Madalina, Elena, ha riferito che quel giorno, quando l’aveva accompagnata al lavoro in pizzeria, le aveva chiesto di chiamare l’ambasciata dell’Australia per avere informazioni sul visto. Perché Madalina, che vedeva nel suo futuro l’Australia, avrebbe dovuto uccidersi e perché si è recata in via Buozzi? Chi le ha fornito la chiave per accedere alla terrazza e chi le ha aperto per entrare nel palazzo? Con chi aveva un appuntamento?
La lettera anonima
Nel 2017 una lettera anonima veniva recapitata all’avvocato Antonio Petrongolo di Roma, che in passato aveva assunto la difesa della famiglia Pavlov:
“Avvocato, le scrivo questa lettera per farle sapere alcune verità sul caso di Madalina – si legge nella missiva – Non voglio apparire, ma neanche portarmi sulla coscienza le cose che so. Madalina aveva iniziato una relazione con un uomo molto più grande di lei, con interessi nel palazzo. I due si vedevano in un appartamento del palazzo. Madalina voleva non nascondersi più e lasciarlo se lui voleva continuare a vederla di nascosto. Diceva che avrebbe parlato, se lui non si fosse deciso. L’uomo è molto più grande di lei, uno che non vuole essere nominato, ha la sua famiglia e le sue cose, soprattutto cose. Attaccato al materiale. Uno in vista. Lui è uno conosciuto come persona perbene, un insospettabile. È scuro di pelle, di mezza età con un viso particolare. Conosco questi particolari perché io e Madalina eravamo amiche. Speravo che arrivaste alla verità, ma gli anni passano. Un’amica”
Infatti sono passati undici lunghissimi anni senza che “quell’uomo molto più grande di lei” sia stato identificato e sempre che si tratti dell’assassino. Sulla vicenda sono rimasti in sospeso l’audizione di un testimone mai sentito prima e l’acquisizione di fotografie satellitari che potrebbero dare una svolta al cold case. Forse qualcosa poteva essere fatto prima, anche molto più di qualcosa.