L’imprenditore scomparso che aspetta ancora giustizia

Vincenzo Medici fu prelevato con violenza dalla sua azienda florovivaistica nel dicembre 1989 da quattro uomini mascherati. Il suo corpo non è mai stato ritrovato.

Reggio Calabria – La mattina del 21 dicembre 1989 iniziò come un giorno di lavoro qualsiasi per Vincenzo Medici, sessantaquattrenne imprenditore del settore florovivaistico di Bianco, in provincia di Reggio Calabria. Ma quella giornata si trasformò nell’inizio di un incubo senza fine per la sua famiglia.

Mentre si trovava presso la propria attività, quattro individui armati e con il volto coperto fecero irruzione nell’azienda e lo trascinarono via con la forza. Fu un’azione rapida e violenta che non lasciò scampo all’imprenditore.

L’azienda florovivaistica che Vincenzo gestiva insieme al fratello Filippo rappresentava un’eccellenza del territorio: all’avanguardia nel settore e capace di garantire occupazione a numerosi residenti della zona. Vincenzo non era solo un valente imprenditore, ma anche una figura molto amata nella comunità, particolarmente attento e generoso con i bambini del paese.

Quel rapimento segnò una svolta nella strategia statale contro i sequestri di persona. Le autorità applicarono immediatamente la cosiddetta “linea dura”: disposero il congelamento totale di tutti i beni patrimoniali della famiglia Medici per impedire categoricamente qualsiasi versamento di riscatto ai rapitori. Questa decisione draconiana, per quanto motivata dalla volontà di non finanziare la criminalità organizzata, probabilmente chiuse definitivamente ogni possibile spiraglio di trattativa e ogni minima speranza di rivedere Vincenzo vivo.

Da quella fredda mattina di dicembre, nessuna notizia è più giunta ai familiari. Nessuna richiesta di riscatto, nessun contatto, nessun segnale. I sequestratori non fecero mai pervenire alcuna comunicazione né, soprattutto, restituirono mai il corpo dell’imprenditore, nonostante i numerosi e strazianti appelli lanciati dalla famiglia negli anni successivi.

Si presume che le spoglie di Vincenzo giacciano ancora disperse tra le foreste impenetrabili e le asperità rocciose dell’Aspromonte, dove la criminalità organizzata calabrese era solita occultare le vittime dei sequestri, in luoghi remoti e inaccessibili conosciuti solo ai membri delle cosche.

La responsabilità del rapimento viene attribuita ai potenti clan mafiosi che in quegli anni controllavano la “cabina di regia” dei sequestri di persona in Calabria: le famiglie criminali Barbaro, Morabito, Pelle e Romeo, organizzazioni di triste fama ritenute responsabili di ben tredici rapimenti nella zona, una vera e propria industria del sequestro che terrorizzò l’intera regione per anni.

L’impresa florovivaistica, privata improvvisamente del suo fondatore e principale animatore, strangolata dalle conseguenze economiche del blocco dei beni e devastata psicologicamente dalla tragedia, non riuscì a sopravvivere. Dopo pochi anni fu costretta a cessare definitivamente l’attività, lasciando senza lavoro le tante persone che vi erano impiegate.

La vicenda di Vincenzo Medici è stata documentata nel volume “Dimenticati – Vittime della ‘ndrangheta” dello scrittore Danilo Chirico, che ha raccolto le storie delle vittime dimenticate della criminalità organizzata calabrese.

Oggi, a distanza di oltre tre decenni da quella mattina maledetta, i suoi familiari attendono ancora di poter dare una degna sepoltura a Vincenzo, di avere un luogo dove pregare e ricordarlo. La sua storia rimane un monito doloroso sulla brutalità della stagione dei sequestri che ha insanguinato la Calabria e sulle tante vittime innocenti che non hanno mai avuto giustizia.