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L’EUROPA, IL MES E LO SPETTRO DEL FRANCO CFA

I dubbi che la politica italiana ci stia conducendo verso un “Euro CFA” vi sono e non sono nemmeno del tutto astratti, qualora non intervengano novità che contrastino questa evidenza

Nella prima quindicina di dicembre 2019, salvo imprevisti, dovrebbe entrare in vigore il Meccanismo di Stabilità Europea (M.E.S.). Il sistema prevede un gruppo di “esperti privati” con pressoché totale immunità, preposti a svolgere l’attività di monitoraggio presso la sede di Lussemburgo. In particolare, il compito di questi esperti consiste nel verificare le attività economiche degli Stati UE e nell’intervenire con prestiti, in caso di necessità. Ogni Stato dovrà impegnarsi nell’ottemperare, nel più breve tempo possibile, a raggiungere gli obiettivi fissati dal MES.

Qualora, per varie ragioni, non si dovessero assecondare prontamente le prescrizioni ricevute, interverrà la “buona Troika”, ricolma di soldi prelevati dalle nostre tasse, che provvederà, avvallata dal Governo Europeo, ad imporre la sua politica. Se poi uno Stato socio avesse la necessità di rientrare in possesso del capitale versato nelle casse del MES, magari per sopperire a necessità impellenti, questo potrebbe avvenire solo attraverso un prestito con tasso d’interesse.

Il Franco CFA, invece, è una moneta usata nelle ex colonie francesi d’Africa, una sorta di euro africano. Il sistema di utilizzo è stato copiato dal Marco tedesco di occupazione, adoperato, quando la Francia era occupata, dall’esercito tedesco, nella seconda guerra mondiale. Tale organizzazione economica era tanto efficiente da riuscire a controllare tutta l’economia francese. Oggi questo strumento è stato riproposto, sotto altro nome, ed imposto alle ex colonie francesi.

Di obblighi ve ne sono tanti e di vantaggi pochi:

  • la consegna alla Banca di Francia del 65%, in valuta estera delle riserve degli stati africani;
  • la presenza di almeno un ministro gradito a Parigi all’interno di ogni governo africano;
  • l’impegno a non adottare politiche governative che vadano contro gli interessi francesi;
  • il controllo dei grossi appalti pubblici, con prelazione alle imprese francesi;
  • inoltre, qualora uno Stato necessiti delle proprie riserve valutarie depositate in Francia, magari per programmi di utilità sociale, queste potranno essere disponibili solo attraverso la richiesta di un prestito oneroso.

I dubbi che la politica italiana ci stia conducendo verso un “Euro CFA” vi sono e non sono nemmeno del tutto astratti, qualora non intervengano novità che contrastino questa evidenza. Possiamo immaginare un futuro di tetra miseria per molteplici ragioni. D’altra parte i governi, con i loro comportamenti, alimentano tali dubbi. La gestione liberal-speculativa di questi sistemi economici produce, purtroppo, quella che viene chiamata “macelleria sociale”.

L’Italia non ha bisogno di una classe dirigente al servizio del diavolo europeo-liberista, ma di politici efficienti, che sappiano riportarla al quarto posto nella classifica delle potenze dell’economica mondiale, come era prima del 2002, grazie a un welfare forte

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