Laboratori tessili non a norma: scattano le denunce

Laboratori privi di norme sulla sicurezza e in condizioni di degrado e pericolo. Inoltre, dai controlli eseguiti, è emerso che gli amministratori non pagavano le tasse, hanno così creato un ammanco di quasi 1 milione di euro.

Treviso – Le Fiamme gialle, con il supporto di Vigili del Fuoco, S.P.I.S.A.L., Ispettorato del lavoro e A.R.P.A.V, hanno eseguito tre distinti controlli in altrettante aziende tessili, tutte amministrate da stranieri, situate tra i Comuni di Caerano di San Marco e Nervesa della Battaglia.

Due dei tre laboratori erano gestiti in condizioni di tale degrado e pericolo che hanno indotto i finanzieri del gruppo di Treviso e della tenenza di Montebelluna ad adottare provvedimenti di sequestro preventivo d’urgenza, successivamente convalidati dal giudice per le indagini preliminari presso il locale tribunale.

Gli amministratori delle due imprese, che operavano sulla base di commesse ricevute da imprese locali, sono stati segnalati alla procura della Repubblica di Treviso, a vario titolo, per violazioni delle norme volte a prevenire gli incendi e gli infortuni sui luoghi di lavoro, nonché di irregolarità in materia urbanistica.

In particolare, per quanto concerne la prevenzione degli incendi, tra le numerosissime violazioni riscontrate, le più gravi hanno riguardato la mancanza di indicazioni sulle vie di fuga, di luci di sicurezza in prossimità delle porte di emergenza, di estintori portatili e della cartellonistica che indica la loro posizione, oltre all’impraticabilità delle vie di fuga e alla mancata formazione del personale addetto all’antincendio.

A queste si sono aggiunte svariate violazioni alla normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, tra cui la presenza di macchinari sprovvisti di sicurezze negli organi mobili, le scarse condizioni igieniche, l’omessa designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, la mancata compilazione del documento di valutazione dei rischi.

Sono stati bruciati 75 mila capi d’abbigliamento.

In uno dei due opifici sequestrati è emerso, ancora, che il laboratorio, in assenza di autorizzazioni, era stato di fatto realizzato al piano terra di un’abitazione residenziale.

Nel corso degli interventi, che hanno visto ogni Ente procedere per le materie di propria competenza, secondo un modello ispettivo integrato altamente efficace, è emerso che il titolare di un terzo laboratorio ha smaltito per mesi gli scarti di lavorazione, derivanti dalla realizzazione di circa 75 mila capi d’abbigliamento, bruciandoli sul retro dell’opificio, anziché conferirli secondo le modalità di legge, motivo per cui è stato denunciato per il reato di combustione illecita di rifiuti.

L’approfondimento della posizione delle tre ditte che gestiscono i laboratori, con un fatturato annuo di circa 150 mila euro e da 2 a 5 operai alle dipendenze, anch’essi di nazionalità straniera, ha poi permesso di accertare pendenze tributarie ammontanti, complessivamente, a circa 850 mila euro, con riferimento agli anni d’imposta a decorrere dal 2013, a conferma di un evidente filo conduttore tra l’assenza di sicurezza nei luoghi di lavoro e l’evasione fiscale.

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