La protesta degli avvocati cosentini contro il “nomadismo giudiziario”

Il 18 proclamata l’astensione dalle udienze dopo la decisione di celebrare il processo “Reset” nell’aula bunker di Castrovillari.

Cosenza – La Camera penale della città calabrese ha proclamato per il 18 dicembre l’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale di tutti gli avvocati impegnati esclusivamente innanzi agli Uffici giudiziari del Tribunale di Cosenza, del Giudice di Pace di Cosenza e della Magistratura di Sorveglianza. La presa di posizione, comunicata tra gli altri, anche al ministro della Giustizia, fa seguito alla decisione di celebrare il processo denominato “Reset” nell’aula bunker di Castrovillari e non a Cosenza, dopo l’inagibilità dell’aula bunker di Lamezia Terme danneggiata dal maltempo dei giorni scorsi.

Una scelta motivata, scrive la Camera penale, dall’Ufficio di Presidenza del Tribunale di Cosenza con l’affermazione che “nella sede giudiziaria di Cosenza non sono disponibili aule protette”. “Abbiamo ritenuto la circostanza dell’assenza di ‘aule protette’ del Tribunale di Cosenza, ottava provincia italiana per estensione – è scritto nel documento della Camera penale – un fatto di inaudita gravità. Per quale ragione affermare dell’assenza di aule protette se nello stesso palazzo di giustizia sono stati celebrati, nel recente passato, i maxiprocessi tra i più delicati della intera regione, noti come ‘tela del ragno’, ‘missing’, ‘twister’, ‘timpone rosso’, caratterizzati dalla presenza, in aula, di moltitudini di imputati sottoposti a misura detentiva, differentemente dal processo ‘reset’, in cui la presenza dell’imputato sottoposto a cautela personale è stata, per legge, sostituita dalla videoconferenza?”.   

La Camera penale evidenzia che nel Palazzo di giustizia cosentino c’è un’aula “le cui rilevanti dimensioni consentirebbero, previo adeguamento degli impianti, la celebrazione del processo. La implementazione delle attrezzature già presenti sarebbe meno dispendiosa rispetto alle trasferte, quasi quotidiane, che un intero ufficio giudiziario è costretto a effettuare a seguito del ‘nomadismo giudiziario’ verso l’aula bunker di Lamezia Terme, prima, e, di Castrovillari poi”. Si chiede quindi alla presidente del Tribunale “un incontro da tenersi lo stesso giorno dell’astensione, onde comprendere lo stato dell’arte circa i lavori di adeguamento delle aule del Palazzo di giustizia”, alla presidente e ai giudici che compongono il collegio del processo a Castrovillari che “adottino ogni iniziativa volta al ripristino della legalità”.

E al ministro della Giustizia, si chiede “un intervento teso a garantire che le pubbliche risorse economiche, anziché continuare a essere sprecate nell’assurdo nomadismo giudiziario siano invece impegnate per l’adeguamento delle aule di Cosenza” e al sindaco “di essere ricevuti, in sede consiliare, onde sottoporre, in ambito istituzionale le negative ricadute sociali, economiche e politiche che un Palazzo di giustizia dichiarato inidoneo, di fatto, sta determinando per Cosenza”. L’imponente Aula Bunker di Lamezia Terme, costruita a tempo di record per la celebrazione del maxi processo “‘Rinascita Scott” e divenuta, nella Calabria giudiziaria, simbolo del ”processo penale di lotta”, è stata “gravemente danneggiata da un temporale autunnale che l’ha resa impraticabile all’attività processuale. Con la caduta di questa simbolica ”fortezza
giudiziaria” va in frantumi l’irrazionale costruzione dei processi di massa,
costringendo una intera sezione della Corte di Appello di Catanzaro a traslocare, insieme ai suoi giudici, nel complesso carcerario di Catania-Bicocca”, sottolinea una nota dell’Unione camere penali italiane.

“Ma l’eclatante fallimento logistico di questo maxi-processo – si legge nella nota dei penalisti – non fa altro che mettere in risalto il problema, ben più grave e più ampio, della conclamata inefficienza del modello e della sua distanza rispetto alla funzione fondamentale propria del processo penale, che è quella dell’accertamento, oltre ogni ragionevole dubbio, della fondatezza dell’ipotesi accusatoria e della responsabilità dei singoli. Poiché l’avvocatura non può, in nessun caso, rassegnarsi alla celebrazione di riti ed alla frequentazione di spazi processuali, quali sono quelli imposti dal modello del processo cumulativo di
massa,
che costituiscono l’evidente negazione del giusto processo accolto dalla nostra Costituzione, le Camere Penali calabresi hanno ritenuto di dar vita ad una mobilitazione che prosegue ininterrotta
dal 2020,
al fine di denunciare le distorsioni e gli eccessi propri del fenomeno delle maxi-retate, la cui intrinseca contrarietà ai principi del giusto processo determina un intollerabile affievolimento della funzione difensiva ed una inaccettabile compressione delle garanzie dell’accusato”.

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