La presidente di “Nessuno tocchi Caino” parla delle madri recluse e della chiusura dell’Icam di Lauro, l’unico istituto del Mezzogiorno.
Roma – “In questo momento abbiamo 14 donne detenute con 14 bambini e io dico sempre che bisognerebbe contare, nel numero totale delle persone in carcere anche questi 14 piccoli che non hanno alcuna colpa”: lo ha detto la presidente dell’associazione “Nessuno tocchi Caino” Rita Bernardini, parlando con i giornalisti a margine di un incontro a Perugia. Sono considerate la “minoranza invisibile del sistema penitenziario, con il rischio di diritti negati e percorsi di reinserimento inadeguati” le 2.729 detenute nelle carceri italiani, 14 delle quali madri con altrettanti figli al seguito. Recluse in istituti dove la detenzione “è
concepita al maschile, in strutture maschili con sezione poi a parte per le donne”. Un quadro delineato a Perugia dove in occasione della Giornata internazionale della donna si è svolto l’incontro “Il carcere al femminile” promosso dal Consiglio nazionale forense, con la sua Fondazione dell’avvocatura italiana e con il quotidiano Il Dubbio.
“Un’altra cosa grave che è successa, e che ho potuto verificare alla Giudecca – ha proseguito Bernardini – è che a Lauro è stato chiuso un Icam, un istituto a custodia attenuata per detenute madri e, li a Venezia, abbiamo trovato una donna nigeriana con la sua bambina di cinque anni e mezzo che ha vissuto tutta la sua vita in carcere. Però la mamma affermava che a Lauro la figlia aveva molte possibilità perché le facevano frequentare i bambini delle altre scuole, andava all’asilo, alle feste con i suoi coetanei, addirittura poteva frequentare la piscina, la danza che a lei piaceva tantissimo e invece arrivata a Venezia queste possibilità non ci sono più”.
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Una storia raccontata da Bernardini che si ricollega alla recente scelta di chiudere l’Icam di Lauro, l’unico Istituto a custodia attenuata per madri detenute del Mezzogiorno aperto nel 2016, tra l’altro, con un grosso finanziamento di circa un milione di euro. Era stato realizzato per ristrutturare quello che in precedenza era l’Icatt (Istituto a custodia attenuta per il trattamento delle tossicodipendenze). “Una chiusura che appare assolutamente dannosa”, aveva tuonato Samuele Ciambriello, garante dei detenuti della Campania, dopo la riunione con la provveditrice dell’Amministrazione penitenziaria campana, Lucia Castellano. Riunione in cui aveva sollevato alcune criticità delle carceri regionali, e soprattutto perplessità sulla chiusura dell’Icam di Lauro.
Il rischio è, che d’ora in poi, “da Roma in giù alle detenute madri sarà precluso il rispetto del principio della territorialità della pena, – aveva fatto notare il garante dei detenuti della Campania – non potendo godere del loro diritto alla difesa, al reinserimento nel territorio, nonché il diritto a conservare relazioni dirette con i propri familiari. I tre bambini oggi presenti in Istituto interromperanno il loro percorso scolastico in corso. Ma allora perché non aprire una sezione loro dedicata nella C.C. di Avellino, anziché destinarle negli Istituti di Milano e Venezia? Oppure, perché non chiudere uno dei tre piccoli Istituti per detenuti madri presenti nel nord Italia?”. È giusto ricordare che le detenuti madri in Italia attualmente sono 10 di cui 3 ancora a Lauro, 3 in Veneto, 1 in Piemonte e 2 in Lombardia.