La festa per i 51 anni del padre Fabio, poi le coltellate. Il primo a cadere il piccolo Lorenzo, poi la madre Daniela e infine il babbo. Così il 17enne della ‘porta accanto’ ha sterminato la famiglia a Paderno Dugnano.
Paderno Dugnano (Milano) – Il primo ad essere colpito è stato Lorenzo, 12 anni appena. Dormiva nel suo letto quando Riccardo, il fratello diciassettenne, lo ha colpito ripetutamente, con forza, con decine di coltellate inferte con un coltello da carne, lasciandolo in un lago di sangue. Poi è toccato alla madre Daniela Albano, 49 anni: è accorsa sentendo il rumore e le grida del figlio ed è stata freddata sulla porta della cameretta che i due ragazzi condividevano. Il corpo esanime era a terra raggomitolato, forse in un estremo e disperato tentativo di difesa. Infine a cadere è stato il padre, Fabio Chiarioni, 51 anni, accoltellato alla schiena mentre cercava di soccorrere il figlioletto e poi crollato a terra tra il letto e il pavimento. Si è consumata così, nel giro di pochi istanti, la strage che ha cancellato un’intera famiglia, il gesto estremo compiuto da un adolescente nel tentativo di liberarsi di un “demone oscuro”. “Mi sentivo estraniato, oppresso”, confesserà Riccardo nel pomeriggio ai carabinieri, “ero solo in mezzo agli altri. Ho sentito un malessere, per questo li ho ammazzati tutti”.
I primi particolari del delitto sono stati comunicati stamani in una conferenza stampa tenuta al Comando provinciale di Milano dei Carabinieri , nella quale gli inquirenti hanno detto che sono ancora molti i particolari da chiarire sul triplice omicidio e gli interrogativi sul movente che attendono risposta. “Dal punto di vista giudiziario non abbiamo un movente tecnicamente valido. Dal punto di vista sociologico e psicologico ovviamente sono aperte le indagini. Anche il 17enne non si dà una spiegazione. Ha parlato di un suo ‘malessere’ da qualche giorno, un pensiero di uccidere, ma non legato alla famiglia”, ha detto la procuratrice facente funzioni della Procura della Repubblica per i minorenni, Sabrina Ditaranto.
La notizia del massacro è piombato come un fulmine a ciel sereno sulla comunità di Paderno, poco meno di 47mila abitanti alle porte di Milano. I vicini di casa e gli amici sono sconvolti e increduli. Perché loro, i Chiarioni, erano la classica “famiglia perfetta”, quella del Mulino Bianco. Il padre era titolare dell’impresa Vmf Costruzioni Edilizia, che gestiva con il fratello Max. La madre aveva un negozio di abbigliamento a Cinisello Balsamo. Gran lavoratori entrambi, erano tranquilli e sereni: mai una lite, mai uno screzio. Le foto sui social li immortalano uniti e felici al ristorante e in vacanza, sulla neve e al mare, a Venezia e a Verona, in giro per le capitali dell’Europa dell’est. Ma qualcosa in Riccardo, dietro l’aspetto patinato del “bravo ragazzo” amante della pallavolo e studente modello al liceo scientifico Gadda, evidentemente non andava. “Non avevo un vero dialogo con nessuno. Era come se nessuno mi comprendesse”, ha detto davanti a Di Taranto e al procuratore capo di Monza Claudio Gittardi. Da qui la molla che ha fatto scattare la strage.
Quella tra sabato 31 agosto e domenica primo settembre sembrava una notte di fine estate come tante altre. Il padre aveva festeggiato il 51° compleanno, una tranquilla serata in famiglia. Ma di quella serenità lui evidentemente non si sentiva partecipe. Così verso le due di notte è andato in cucina, ha preso il coltello da carne, è entrato nella stanza del fratellino Lorenzo e ha dato il via alla mattanza. Poi ha chiamato il 112: “Venite, ho ammazzato papà”. Ai soccorritori che verso le 2.20 sono giunti in via Anzio si è presentata una scena agghiacciante. Riccardo era seduto su un muretto, davanti al cancelletto del numero civico 33, addosso solo i boxer, il coltello a terra. Era tutto coperto di sangue, ma sereno e lucido come ha raccontato il tenente Luigi Ruzza, comandante della stazione carabinieri di Paderno Dugnano. Ai militari ha detto, facendo loro strada nella villetta, di essersi svegliato e di aver visto la madre e il fratello esanimi, colpiti a morte dal padre. “Lorenzo e la mamma erano lì, dove sono morti”, ha detto prima al telefono e poi ai militari, “Papà era seduto, in silenzio. Il coltello era per terra. Allora ho avuto paura, l’ho preso e l’ho ucciso“.
Una versione un po’ ingenua, la sua, che ha insospettito gli inquirenti e si è rivelata del tutto falsa e costruita a tavolino, come si scoprirà poche ore dopo. Perché Riccardo di uccidere la sua famiglia ci stava già pensando da un po’, ed era solo questione di tempo. Dopo aver continuato per tutta la mattinata di ieri a ripetere ossessivamente il suo racconto, si è chiuso in un silenzio “catatonico” e infine, alle 14, è crollato. “Li ho ammazzati io”, ha confessato. “Ci pensavo da un po’, era una cosa che covavo da tempo. Mi sentivo un estraneo in questa famiglia. Dovevo liberarmi. Dovevo risolvere il problema”, avrebbe detto. Ma non appena compiuta la strage, l’agognata liberazione non è arrivata. “Me ne sono accorto un minuto dopo. Ho capito che non era uccidendoli che mi sarei liberato”, ha confidato Riccardo agli inquirenti piangendo. Ma ormai era troppo tardi: aveva già commesso l’irreparabile.
“Ci vorrà molto tempo per spiegare un gesto così atroce”, ha detto all’Ansa una fonte giudiziaria vicina agli inquirenti, che stamani in conferenza stampa hanno rivelato che le indagini non sono certo concluse: bisognerà scavare per ricostruire i rapporti all’interno della famiglia, sentire amici e conoscenti e soprattutto i presenti alla cena di compleanno del padre per cercare di capire cosa possa essere eventualmente accaduto durante la serata. Al setaccio anche i dispositivi elettronici del ragazzo, alla ricerca di elementi utili a ricostruire gli eventi. “Abbiamo investigato sui videogiochi e le musiche, molto tristi, che ascoltava, alla ricerca di eventuali stimoli che potessero accendere un pensiero aggressivo, ma non abbiamo avuto particolari riscontri”, ha detto Ditaranto.
Il primo esame sui cadaveri ha rivelato che il maggior numero di colpi, si parla di decine, Riccardo li ha riservati al fratellino Lorenzo. Ma secondo quanto emerso dagli interrogatori, il 17enne non avrebbe avuto significativi motivi di attrito con lui.
Una cosa è certa. Fra pochi giorni per Riccardo avrebbe dovuto iniziare la quinta liceo scientifico, invece ora si sono invece aperte le porte del carcere minorile Beccaria, arrestato (in attesa dell’udienza di convalida, che dovrebbe tenersi tra domani e dopodomani.) per triplice omicidio aggravato dalla premeditazione. Una famiglia, quella dei Chiarioni, cancellata in un attimo e una vita, quella di Riccardo, rovinata per sempre. L’ennesimo caso di figli “insospettabili” che si trasformano in killer spietati e all’improvviso mettono fine alla vita di padri, madri e fratelli. Come Erika e Omar. Come Benno Neumair. Come Pietro Maso.