La Suprema Corte solleva dubbi di costituzionalità in una relazione di 129 pagine: norme eterogenee, sanzioni sproporzione e iter forzato senza “fatti nuovi”.
La Cassazione lancia un severo monito contro il decreto sicurezza, mettendo in discussione la sua legittimità costituzionale. L’Ufficio del Massimario della Suprema Corte ha prodotto una corposa relazione di 129 pagine – la Relazione n. 33/2025 – che evidenzia profonde criticità sia metodologiche che contenutistiche del provvedimento.
Il documento denuncia l’assenza di un autentico presupposto di urgenza che giustifichi il ricorso alla decretazione d’emergenza. Secondo i giudici di legittimità, il decreto “riproduce quasi alla lettera” il disegno di legge già approvato dalla Camera il 18 settembre 2024, dopo un ampio dibattito parlamentare e rimasto in attesa di esame al Senato.
La Corte sottolinea come non si sia verificato alcun “fatto nuovo” che possa legittimare l’abbandono del normale iter legislativo in favore del decreto-legge. Questa scelta comporta conseguenze gravi: accelerazione forzata dell’approvazione, drastica riduzione delle possibilità di emendamento e compressione del dibattito parlamentare su materie delicate come i diritti di libertà e le norme penali, soggette a riserva di legge.
Il parere evidenzia inoltre l'”estrema disomogeneità” dei contenuti del decreto, caratterizzato da norme giudicate eccessivamente eterogenee e sanzioni sproporzionate. Questa frammentarietà rende ancora più fragile la giustificazione della natura emergenziale del provvedimento.
Pur non essendo vincolante, il documento della Cassazione assume un peso giuridico e politico di rilievo, rappresentando una critica istituzionale di alto profilo alla gestione normativa dell’esecutivo su temi cruciali per l’ordinamento democratico.