Per la morte di Katia Palagi la Procura di Lucca ha aperto un fascicolo contro ignoti. Il giallo delle nove telefonate.
Lucca – Katia Palagi, 56 anni, segretaria di una scuola di Massarosa, si tolse la vita il 12 novembre 2024 gettandosi dal viadotto della Bretella a Bozzano. Dietro questo gesto estremo si nasconde una vicenda complessa che riguarda truffe online, inganni finanziari e un sistema di raggiri che ha portato una persona a scegliere di porre fine alla sua esistenza.
La storia di Katia Palagi
Katia Palagi lavorava nella segreteria di una scuola a Massarosa (Lucca). Nel 2022 è rimasta invischiata in una rete di truffe online. La 56enne aveva perso tutti i suoi risparmi investendoli in criptovalute e trading, cadendo vittima di quello che era un sistema ben organizzato di frodi digitali.
A contattarla fu un certo Marco Farella, che si presentava come avvocato e sui social si mostrava con una foto, che si scoprirà poi essere stata creata tramite l’intelligenza artificiale. Questo fantomatico avvocato le faceva richieste di denaro sempre più alte, finché Katia non si è ritrovata in un vortice di debiti, che non è riuscita più a sanare e dal quale non ha visto via d’uscita.
Nel febbraio 2022, Katia Falagi aveva deciso di investire i propri risparmi su una piattaforma online che mostrava inizialmente rendimenti molto positivi. Convinta da quei primi risultati positivi, aveva trasferito sulla piattaforma i risparmi di una vita. Alcuni mesi dopo aveva cercato di ritirare il denaro ma le era stato chiesto il pagamento di tasse aggiuntive: per far fronte a questa richiesta, aveva chiesto un prestito. In quel periodo le truffe di questo tipo erano ancora poco conosciute e spesso non venivano neppure denunciate.

Tuttavia, Katia Palagi aveva deciso di presentare regolare denuncia alle autorità. Nel frattempo, sperando di recuperare almeno una parte dei risparmi perduti, nel 2023 era caduta in una nuova truffa. Era stata contattata da una sedicente società di recupero crediti che prometteva di aiutarla. Solo in un secondo momento si è scoperto che faceva parte dello stesso meccanismo fraudolento. Poiché conoscevano con precisione la cifra persa in precedenza, avevano spinto la 56enne a effettuare un nuovo bonifico. Per ottenere i fondi, Katia Palagi aveva chiesto un ulteriore finanziamento, cadendo così in una truffa ancora più complessa.
Successivamente, sulla base delle somme trasferite da altre persone vittime dello stesso sistema, i truffatori avevano iniziato a girare alla donna una minima parte dei denari sottratti agli ignari risparmiatori, trattenendo per sé la quota più consistente. Quando una delle persone raggirate aveva sporto querela, Katia Palagi, che fino a quel momento era rimasta vittima, si era ritrovata a sua volta denunciata per un reato penalmente rilevante. Nel 2024, esausta e sentendosi ormai totalmente sola nella richiesta di una giustizia che le sembrava sempre più una chimera, aveva presentato una nuova denuncia. Nonostante il sostegno promesso dai familiari, ogni giorno aveva continuato a ricevere telefonate intimidatorie provenienti dalla stessa società, finché non era stata travolta dalla disperazione e aveva deciso di togliersi la vita.
Il mistero delle nove telefonate e le nuove rivelazioni
Uno degli aspetti più inquietanti della vicenda riguarda proprio le telefonate continue che Katia riceveva dai truffatori. “Lei continuava a ricevere tutti i giorni telefonate con minacce da quella società”, racconta la sorella Marisa. Le pressioni erano talmente costanti che il telefono di Katia ha continuato a squillare anche dopo la sua morte.

“Squillò anche mentre eravamo dalla Finanza”, ha raccontato Marisa a Chi l’ha visto? Solo tre mesi dopo la morte di Katia Palagi, il cellulare fu sequestrato dal pubblico ministero per le indagini. Per la morte della 56enne, la procura di Lucca ha aperto un fascicolo contro ignoti per truffa e istigazione al suicidio.
Secondo quanto emerso dalle indagini, Katia non era semplicemente vittima di una truffa finanziaria ma subiva continue pressioni e minacce psicologiche che l’hanno spinta al gesto estremo. La donna era stata completamente manipolata dai suoi aguzzini. Le indagini si sono concentrate sui nove numeri di telefono che chiamavano Katia in continuazione per chiederle altri soldi.
Una richiesta di giustizia e la lettera al Presidente Mattarella
La famiglia di Katia chiede giustizia per una tragedia che presenta ancora punti oscuri. “Ho chiesto al Presidente Mattarella di dare un senso alla morte di Katia”, ha dichiarato Marisa Palagi. La donna ha scritto una lettera al Capo dello Stato raccontando tutta la storia di Katia e chiedendo di fare luce sulle indagini che sembrano esser a un punto di stallo.

“Mi domando che fine abbiano fatto le indagini”, si interroga Marisa, “qualcosa dopo la prima denuncia del 2022 sarebbe dovuto venire fuori”. La sorella ha lanciato un appello per capire se le indagini stiano facendo il loro corso e se si stia indagando sulla tracciabilità dei soldi.
“Vedo solo un grande silenzio e la difficoltà di persone che vengono lasciate sole”, è la denuncia della donna. Anche l’avvocato della famiglia ha confermato che non ci sono aggiornamenti: “Ci informeranno solo in caso venga fuori qualcosa o se ci fosse l’archiviazione”.
La risposta alla missiva di Marisa Palagi è arrivata dall’Ufficio per gli affari dell’amministrazione della giustizia del segretariato generale della Presidenza della Repubblica. Nel messaggio, oltre ad esprimere “partecipazione e vicinanza umana” da parte del Presidente, si sottolinea che “non rientra tra le attribuzioni costituzionali del capo dello Stato l’intervento su questioni appartenenti alla competenza dell’autorità giudiziaria”. Infine l’invito a “riporre fiducia nell’operato della magistratura“.
Il tranello dei deepfake
Katia Palagi è una delle tante vittime dei cosiddetti deepfake. Si tratta di una delle tecnologie più controverse e potenzialmente pericolose dell’era digitale. I deepfake sono contenuti multimediali sintetici creati utilizzando l’intelligenza artificiale, in particolare le reti neurali generative avversarie (GAN), che permettono di sostituire il volto o la voce di una persona in video o audio con quelli di un’altra persona.
La tecnologia deepfake utilizza algoritmi di machine learning che analizzano migliaia di immagini o registrazioni audio di una persona. L’obiettivo è quello di apprendere le sue caratteristiche fisiche e vocali. Una volta addestrato, il sistema può generare contenuti che sembrano autentici ma sono completamente falsi. Uno dei casi più emblematici riguarda il professor Calabrese, il noto nutrizionista che da cinque anni è vittima di un sistema di truffe che utilizza la sua immagine e la sua credibilità per promuovere prodotti dimagranti dalla dubbia provenienza e dalla ancora più incerta composizione.