Inchiesta hacker: indagati in silenzio dal gip. Avvocati, “si attende un quadro chiaro”

La linea difensiva: le persone coinvolte si sono avvalse della facoltà di non rispondere. Qualche prima ammissione e alcuni spiragli.

Roma – Per due ore davanti al gip di Milano, Fabrizio Filice, si sono svolti gli interrogatori di garanzia di Carmine Gallo, Samuele Calamucci, Giulio Cornelli e Massimiliano Camponovo, i quattro presunti hacker-investigatori ai domiciliari per associazione a delinquere da venerdì, protagonisti della Equalize di Enrico Pazzali e delle altre due aziende sequestrate, Mercury Advisor e DAG. Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Fino a quando non vi sarà un “quadro completo e chiaro delle attività inquirenti” precisano i legali di Gallo e di Calamucci, avvocati Antonella Augimeri e Paolo Simonetti. Da un lato Gallo e Calamucci con le loro dichiarazioni spontanee si sono difesi (“In 41 anni ho servito le istituzioni e anche adesso collaborerò con le istituzioni”, ha detto Gallo), dall’altro ci sono state le prime ammissioni.

Marco Malerba, il poliziotto destinatario di una misura interdittiva, è stato l’unico dei sei a rispondere alle domande. “Sì, facevo gli accessi abusivi per i dati, nell’ambito di un rapporto di scambio di favori”, ha affermato. Favori che, a suo dire, gli venivano richiesti da Gallo un tempo responsabile del commissariato di Rho-Pero nel Milanese: al suo “ex capo” non sarebbe “riuscito a dire di no”. In cambio avrebbe ricevuto, tra
l’altro, raccomandazioni per visite mediche o quando si trattava anche di un tavolo al ristorante. E pure il pagamento di spese legali. Anche Massimiliano Camponovo e Giulio Cornelli, due dei più esperti hacker della squadra che ruotava attorno alla Equalize, sebbene si siano avvalsi con le loro parole hanno aperto spiragli importanti al pm Francesco De Tommasi, che coordina le indagini con l’aggiunto Alessandra Dolci e il Procuratore Marcello Viola.

Il primo ha parlato di una mano oscura che muoveva questo sistema per descrivere ciò che lui aveva percepito, che lo preoccupava, tanto da temere per la sua vita e per quella dei suoi familiari. Per questo “facevo i report con i dati che mi davano”. Cornelli, invece, con le lacrime agli occhi, ha spiegato. “chiarirò tutto quello che potrò chiarire. Voglio uscire” da questa brutta situazione e “tagliare con ambienti che non mi riguardano”. Come ha riferito il suo legale, l’avvocato Giovanni Tarquini, il tecnico informatico ha aggiunto di non riconoscersi “in quella figura che gli viene attribuita” dalle indagini in quanto “non è dentro in alcun contesto associativo criminale” bensì “in una vicenda delicata dai contorni ancora da definire” su cui vuole rendere lumi “per uscire e tagliare i ponti” con ambienti che, ha sostenuto, non lo riguardano. Dunque, non appena con il suo difensore avrà letto gli atti, dovrebbe rendere interrogatorio ai pm.

Anche Gallo e Calamucci, entrambi difesi dall’avvocato Antonella Augimeri, vogliono rendere interrogatorio e collaborare, ma in chiave difensiva. Il super poliziotto, che in alcune intercettazioni dice di aver “lavorato nei servizi”, che si definisce un “servitore dello Stato”, ha affermato di voler parlare “ai pm per dimostrare la mia innocenza”. E l’altro protagonista delle indagini, in quanto ‘mente tecnologica del gruppo’, ha tenuto a precisare che “dal punto di vista empirico le cose che ho letto sugli organi di stampa sono impossibili da
realizzare”, negando quindi di aver mai ‘bucato’ lo Sdi, in quanto, a differenza di quanto emerge dalle intercettazioni, lui e i suoi uomini non sarebbero stati in grado.

“Temo per l’incolumità mia e della mia famiglia” avrebbe invece detto Camponovo al gip ammettendo di aver capito, nell’ultimo periodo, di essere entrato a far parte di un sistema ‘pericoloso’.

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