Sanzioni limitate al 30% del danno e controlli “a chiamata” per proteggere funzionari e amministratori. Opposizione all’attacco.
Roma – Il Senato ha dato il via libera definitivo al ddl Foti con 93 voti favorevoli, 51 contrari e 5 astenuti. Una legge che riscrive le regole sulla responsabilità dei pubblici amministratori e che, dietro l’apparente intento di tutelare chi governa la cosa pubblica dalla «paura della firma», rischia di tradursi in un colpo di spugna sulla responsabilità verso i cittadini.
La misura principale rende strutturale lo scudo erariale, finora limitato all’emergenza pandemica e in scadenza il 31 dicembre. Da oggi, chi causa un danno alle casse pubbliche risponderà solo in caso di dolo o colpa grave. Ma c’è di più: viene introdotto un doppio tetto alle sanzioni. Il funzionario condannato non potrà pagare più del 30% del danno arrecato e comunque non oltre due annualità di stipendio lordo. Tradotto: se un amministratore provoca un buco da un milione di euro per negligenza, la sua sanzione sarà al massimo di 300mila euro, sempre che il suo stipendio lo consenta. Il resto? Lo pagheranno i contribuenti.
È una logica rovesciata: mentre per un normale cittadino l’errore si paga per intero, per chi gestisce denaro pubblico il conto viene scontato. Una disparità che rischia di alimentare il senso di impunità già diffuso in certa amministrazione.
Il ddl amplia poi i controlli preventivi della Corte dei Conti, introducendo la possibilità per gli amministratori di chiedere un parere prima di adottare un atto. Una misura presentata come garanzia di legalità, ma che nella pratica rischia di paralizzare la macchina pubblica e intasare ulteriormente la magistratura contabile. Se la Corte non risponde entro 30 giorni, scatta il silenzio-assenso e l’amministratore è esentato da ogni responsabilità, anche se l’atto si rivelerà illegittimo.
In sostanza: si scarica sulla Corte dei Conti l’onere di controllare in anticipo ogni singola decisione, trasformando un organo di controllo successivo in un bollino preventivo a richiesta. Con l’aggravante che il mancato riscontro diventa automaticamente via libera.
Le opposizioni non hanno dubbi: questa riforma nasce dalla tensione tra governo e Corte dei conti sul Ponte sullo Stretto, dopo le critiche dei magistrati contabili sul progetto. Il governo nega, ma i tempi e i contenuti parlano chiaro. Una legge approvata in fretta, a ridosso di Natale, che limita pesantemente il potere di controllo sulla spesa pubblica proprio mentre il governo spinge su opere faraoniche e spese discrezionali.
Il risultato è una riforma che indebolisce la trasparenza, alleggerisce le responsabilità e scarica i costi sulle spalle dei cittadini. Proteggere chi amministra non può significare renderlo intoccabile.