E mentre Salvini con i suoi siedono sugli scranni a mo’ di protesta, emblematiche sono sembrate le parole dell’altro Matteo, quello toscano di Italia Viva, secondo cui ripartire in fretta e in furia sarebbe un omaggio alle vittime di Brescia e Bergamo. Considerazione che ha suscitato aspre critiche, di esperti e non, sia per quanto concerne l’impatto che la mezza riguadagnata libertà potrebbe avere sulla nuova crescita della curva epidemiologica, sia sotto il profilo etico. L’avanspettacolo continua.
Mancano pochi giorni all’inizio della Fase 2 e l’aria all’interno del parlamento diventa sempre più incandescente. Nell’ultima informativa alle Camere il premier Conte ha difeso a spada tratta la strategia adottata dall’esecutivo e si è scagliato contro le spinte autonome delle singole regioni e di qualche centinaio di sindaci:
“…Stiamo affrontando un’emergenza – ha affermato il Primo ministro – che non ha precedenti nella storia repubblicana, siamo costretti a riconsiderare modelli di vita, a rimeditare i nostri valori, a ripensare il nostro modello di sviluppo. Sono giorni in cui è vivace il dibattito, anche critico, sulle decisioni assunte. La vivacità rileva la forza e la vitalità del nostro sistema democratico… Il Def aggiorna il quadro alla luce dell’emergenza: il Pil dallo 0,6 subisce una contrazione significativa dell’8%, una previsione che sconta la caduta del Pil del 15% nel primo trimestre” e si prevede un rimbalzo con “una crescita del 4,7 nel 2021…”.
L’esecutivo, dunque, appare sempre più deciso a procedere verso una riapertura scaglionata delle attività lavorative, ma non tutti sembrano condividere la strada tracciata da Conte. E mentre Salvini con i suoi siedono sugli scranni a mo’ di protesta, emblematiche sono sembrate le parole dell’altro Matteo, quello toscano di Italia Viva, secondo cui ripartire in fretta e in furia sarebbe un omaggio alle vittime di Brescia e Bergamo. Considerazione che ha suscitato aspre critiche, di esperti e non, sia per quanto concerne l’impatto che la mezza riguadagnata libertà potrebbe avere sulla nuova crescita della curva epidemiologica, sia sotto il profilo etico. D’altronde qualche tempo fa lo stesso Renzi aveva già fortemente caldeggiato la possibilità di convivere con il virus nonostante i decessi sfiorassero quasi i 1.000 al giorno.
Ma non basta. Anche Fratelli d’Italia ha tuonato contro il governo, tacciandolo di aver leso il carattere democratico della Stato non avendo condiviso anticipatamente le strategie con il Parlamento e con le forze d’opposizione. Insomma ancora chiacchiere:
“…Il premier ha fatto una conferenza stampa – ha dichiarato la Meloni – poi ha reso noto il Dpcm e infine, con calma, è venuto a informare il Parlamento di queste sue insindacabili decisioni. Ciò non è più accettabile… A colpi di comunicati stampa il governo fa conoscere quali sono le direttive per gli italiani i quali sono costretti, davanti alla tv, a sorbirsi i soliloqui di Conte, unico modo per sapere o meno che cosa fare dall’indomani. Ormai conta più un decreto che la Costituzione. L’Italia non è un reality show, e non consentiremo che lo diventi…”.
Salvini, Meloni e Berlusconi non rappresentano più l’opposizione quasi compatta di qualche mese fa, anche loro vanno a vista. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: Conte non ha oppositori dunque perché meravigliarsi?
Altrettanto paradossale è che queste critiche provengano proprio da chi aveva sempre sostenuto la presenza del cosiddetto “uomo forte” al potere. Ma di questi tempi il surrealismo sta diventando il protagonista dei palcoscenici politici nell’Italia flagellata dal virus. Ulteriore confusione è stata prodotta dalle ultime scelte del presidente Santelli in Calabria. L’ordinanza secondo la quale bar e ristoranti forniti di spazi all’aperto possono nuovamente alzare la saracinesca, ha destato molte preoccupazioni e malumori:
“…Abbiamo chiesto al governo di cambiare l’impostazione della prima fase – ha detto Santelli – il Paese è diviso, ma non politicamente, ovvero i numeri dei contagi cambiano da Regione a Regione. Ecco perché nell’ambito di una cornice generale ci devono lasciare un minimo di flessibilità…Non credo che riesplodano i contagi per due tavoli al bar. Noi abbiamo avuto solo diffusione del virus di ritorno…”. Anche alcuni sindaci calabresi non sono d’accordo con il vertice regionale la riposta dello stesso Conte non si è fatta attendere, lapidaria e concisa:”…Iniziative improvvide di enti locali…”.
Insomma, la fotografia che emerge è quella di un Paese dilaniato, economicamente e politicamente, con una moltitudine di schieramenti arroccati sulle proprie posizioni, ognuno poco propenso al dialogo. Si era detto che la crisi pandemica avrebbe portato con sé un nuovo modo di pensare, di concepire il prossimo e le diseguaglianze sociali, invece, con la Fase 2 dietro l’angolo di questo cambiamento non si hanno notizie. Dai banchi del Parlamento anche oggi (Ieri ndr) è andato in scena uno spettacolo tragicomico. Mancavano solo Totò e i suoi. La regressione economica poteva essere l’occasione di ripensare il discorso pensionistico, per combattere il precariato e aumentare le assunzioni. Potevano essere sovvertite le dinamiche economiche che hanno portato l’Italia a perdere circa il 25 % del suo indotto industriale dal 1992 ad oggi. Potevano essere combattute le delocalizzazioni, si era creata l’occasione favorevole per ideare un nuovo piano contro l’evasione e la criminalità organizzata. Sfortunatamente tutto ciò è rimasto nel campo delle ipotesi la cui attuazione rischia l’oblio. L’Italia che conosceremo dal 4 maggio in poi non sarà solo lacerata dal virus e dalla crisi economica ma si sveglierà ancora volta tradita da chi prometteva di difenderla.