Il ministro Calderone: “Il gap delle retribuzioni si gioca su una componente aggiuntiva, facciamo una operazione verità”.
Roma – ”Non è possibile che da noi abbia un peso così grande e negativo la ‘child penality’, la penalizzazione che le donne subiscono alla nascita di un figlio. Succede a un quinto delle donne, che lasciano il lavoro proprio in quello che dovrebbe essere il momento più bello della propria vita”. Lo afferma la segretaria generale della Cisl, Daniela Fumarola, sabato nel corso dell’evento del sindacato ‘Donne, lavoro, futuro’. ”Una cosa totalmente assente per gli uomini, una discriminazione inaccettabile”, sottolinea la sindacalista. ”Se questo accade, è anche perché l’organizzazione del lavoro nelle imprese, e più in generale nella società, rimane fondamentalmente modellata sugli uomini”.
‘C’è poco da fare: ancora è troppo diffuso, persino implicitamente, il pensiero che dietro ad ogni uomo che lavora ci sia una donna che si occupa dei compiti di cura”, secondo Fumarola. ”Siamo al nodo fondamentale di una ‘conciliazione’ ancora insufficiente tra vita familiare e lavorativa”. ”Investire sulla parità di genere,
significa trainare la crescita. Vanno create le condizioni affinché le donne possano entrare nel sistema produttivo, restarci e competere alla pari”. Per il ministro del Lavoro, Marina Calderone, “c’è un tema salariale che è legato al divario di retribuzione tra uomini e donne ma attenzione leggiamo bene
anche gli indicatori, leggiamo i dati e cerchiamo anche di fare come dire un’operazione verità”.
La “partita dei salari si gioca sulla ‘componente aggiuntiva della retribuzione’. ‘Noi sappiamo che, laddove si applica correttamente un contratto collettivo nazionale di lavoro, – afferma il ministro – non è sui minimi contrattuali concordati e contrattati dalle parti sociali che c’è la differenziazione”, spiega Calderone. ”La differenziazione dove avviene? Avviene sulla retribuzione di risultato, avviene sulla premialità, avviene su tutte le progressioni di carriera e tutto quello che ovviamente poi è la componente aggiuntiva della retribuzione. E’ su questo che bisogna giocare la partita”, sottolinea ancora Calderone. ”Ovviamente vuol dire anche mettere in campo tutta una serie di servizi a supporto della vita familiare, perché tante volte le donne dovendo assolvere anche ad altre funzioni e altre importanti attività di presidio di quelli che sono i valori familiari, spesso decidono di lavorare meno o sono costrette a lavorare meno”.
“Ecco, noi dobbiamo invece tutti quanti impegnarci affinché una donna non sia costretta a fare una scelta ma che invece possa avere tante opportunità di scelta, compreso quella di lavorare e vivere anche una vita personale e familiare assolutamente soddisfacente. Ecco, non bisogna necessariamente dover fare delle rinunce”, conclude Calderone.