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“Il nome del killer al telefono”: si riapre il caso dell’edicolante ucciso 25 anni fa

Salvatore Corigliano, il bravo ragazzo freddato all’alba a San Siro. Due le piste da battere: il boss di Baggio e il racket delle squillo albanesi.

Milano – Venticinque anni, un omicidio e nessun colpevole. Era l’alba del 4 gennaio 1999 quando Salvatore Corigliano, 27 anni, fu freddato da tre colpi di calibro 38 fra le riviste della sua edicola di piazza Esquilino, quartiere San Siro. Tre spari nel buio che non svegliarono nessuno nell’area a quell’ora deserta, solo freddo e nebbia. A trovare il corpo era stato un cliente abituale, alle 6.30, che non avendo risposta dall’interno dell’edicola aveva aperto la porticina laterale e trovato il corpo di Salvatore a terra, sanguinante, il viso immerso in un pacco di quotidiani. Inutile la corsa in ospedale, Salvatore morirà due giorni dopo. La squadra omicidi della mobile andò per esclusione e venne subito scartata l’ipotesi della rapina, in cassa c’erano 330mila lire. E allora cos’era? Un regolamento di conti? Un delitto passionale? Uno sgarro?

Si scandagliò la vita pubblica e privata di Salvatore e gli amici di quel bravo ragazzo, tutto casa e chiesa, con qualche esame alla facoltà di Ingegneria Meccanica e volontariato nella parrocchia di zona, indirizzarono gli investigatori verso una certa Cinzia, convivente di un pregiudicato, che corteggiava platealmente Salvatore. Lui – raccontarono – la chiamava “la rompiscatole”, e lei gli aveva promesso: “A febbraio o marzo riuscirò a farti lasciare Isabella e a farti innamorare di me”. Cinzia fu chiamata in questura la sera di quello stesso giorno, e dopo un’iniziale negazione ammise gli appuntamenti pomeridiani clandestini alla Montagnetta, di nascosto dal suo convivente, un uomo geloso e irascibile. Cinzia aveva chiamato Salvatore proprio la mattina del suo omicidio, fu l’ultima a sentire la sua voce, alle 6.26: «L’ho sentito parlare con un cliente – mette a verbale – e dire una frase del seguente tenore: “È ancora presto, non c’è ancora niente… No! No! No!!!”. Ho riagganciato la cornetta». Senza dare l’allarme, senza udire spari.

L’edicola di piazza Esquilino, dove si è consumato il delitto

Le indagini andarono in quella direzione, Cinzia e il convivente furono indagati ma prosciolti, poi nel 2004 un’altra inchiesta archiviata dal Gip nel 2011. Tante le piste battute che non portarono a nulla. Ci fu anche quella di una telefonata anonima arrivata al 113 alle 10.15 del 10 gennaio, in cui una voce maschile, che parlava da una cabina telefonica, faceva il nome del presunto assassino. Al parroco dell’oratorio San Giovanni Bosco che Salvatore frequentava come animatore, e a una giornalista de “Il Giorno”, arrivò una lettera (identica) di una persona che si qualificava come testimone, ma che sottoposta all’attento esame del criminologo Francesco Bruno sembrava raccontare un’altra storia: non è un testimone, è il killer, sentenziò l’esperto. “È stato un attimo e ho visto in faccia l’assassino – scriveva l’anonimo nei quattro fogli in stampatello – ma sicuramente non saprei riconoscerlo”. Aggiunge, chiedendo perdono per la mancanza di coraggio: “Doveva essere una persona snella, alta 1,60 metri, sui 40-50 anni, indossava un giaccone azzurro e forse un cappello. Teneva in mano una confezione di videocassette”. Ma anche quella pista finì in un vicolo cieco.

I funerali di Salvatore Corigliano

A distanza di 25 anni dall’omicidio di Salvatore Corigliano c’è ora una nuova istanza, depositata qualche mese fa dalla sorella Amelia, che all’epoca aveva 25 anni. Vuole sapere chi uccise suo fratello, e ha così incaricato due legali e una criminologa di fare indagini sperando di trovare almeno la consolazione in un nome e in un perché. Il fascicolo è nelle mani del Pm Milda Milli, e affidato alla squadra Mobile. Sarà la volta buona? Chissà. I legali della famiglia Corigliano puntano il dito in particolare sulla pista dell’ambiente di piazza Esquilino, all’epoca prostituzione e spaccio. Già allora correvano voci sull’ ipotetico innamoramento di Salvatore per una giovane ragazza costretta a vendersi dalla terribile mafia albanese, che sembra avesse chiesto 50 milioni di lire al ragazzo per liberarla dal racket. Salvatore era stato troppo insistente? Aveva promesso i 50 milioni e poi non aveva rispettato la parola? Un’altra indicazione all’epoca del delitto poco approfondita, secondo i legali della famiglia Corigliano, resta quella della telefonata in cui qualcuno fece il nome di un personaggio che bazzicava gli ambienti malavitosi collegati agli albanesi, tale Antonio Canito, “quello di via Scanini, a Baggio”. Lo stesso quartiere dove abitava Salvatore.

Alla terza apertura dell’indagine, si riuscirà, a distanza di così tanto tempo, a rimettere insieme i pezzi del puzzle dell’omicidio di Salvatore Corigliano e a toglierlo dalla lista dei cold case rimasti insoluti?

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