La morte di Jois, archiviata come suicidio, nasconde ancora troppi misteri: una Z incisa sul collo, sette sataniche e intimidazioni mafiose.
Vasto – Sono trascorsi oltre tre mesi da quando la Gup del tribunale di Vasto, Anna Maria Capuozzo, ha archiviato come “suicidio” la morte di Jois Pedone. Una decisione che la famiglia del 20enne non ha mai accettato e che continua a contestare con forza. Una convinzione alimentata da una serie di elementi inquietanti e simboli che rimandano al mondo dell’occultismo e del satanismo.
La scomparsa e il ritrovamento del corpo
La notte del 20 agosto 2022, Jois Pedone si era allontanato dalla sua abitazione a Vasto, in provincia di Chieti, senza più farvi ritorno. Il corpo del giovane fu ritrovato in acqua, in posizione verticale alla base di un trabocco. A lanciare l’allarme – il 22 agosto – fu una donna che passava in quella zona.
La sera della scomparsa, Jois – descritto come un ragazzo tranquillo e studioso – aveva lasciato casa senza dare particolari spiegazioni ai genitori sui suoi spostamenti.
Il corpo era tra gli scogli, con una zavorra attaccata alla caviglia. Il dettaglio che fin da subito ha sollevato molti dubbi è stato proprio la modalità del ritrovamento. Legato alla caviglia della vittima c’era un borsone – del peso di circa 40 chili – colmo di sabbia.
Secondo le prime ricostruzioni, quella notte Jois aveva prenotato un taxi per arrivare all’1.30 a Punta Penna. Al tassista avrebbe detto che doveva incontrare qualcuno, senza fornire ulteriori dettagli.

La profanazione della tomba: un atto intimidatorio programmato
L’ipotesi di chi ha indagato sulla morte del giovane studente è che Jois si sia tolto la vita. A questa conclusione è arrivata anche la procura di Vasto, che ha archiviato il caso.
Poche settimane dopo l’archiviazione, quando a Vasto ha iniziato a girare la voce che la famiglia avesse contattato le redazioni di “Chi l’ha visto?” e “Quarto Grado” per non arrendersi nella ricerca della verità, ignoti hanno profanato la tomba di Jois Pedone. Un atto che non può essere liquidato come vandalismo casuale: la profanazione è avvenuta durante una settimana particolare per il mondo satanista, i giorni dedicati alla venerazione della “Dea Regina dell’Inferno”, Lilith, che coincidono con una fase lunare specifica.
La scelta dei tempi non sembra casuale. Esattamente come la notte in cui Jois perse la vita, anche la profanazione è avvenuta in un momento significativo per i rituali occulti. Una coincidenza che alimenta i sospetti della famiglia e degli investigatori che seguono il caso.
I simboli inquietanti e i collegamenti con il satanismo
Quando fu ritrovato senza vita, sul collo di Jois Pedone era impressa una “Z”, apparentemente marchiata con qualcosa di rovente. Un segno che potrebbe essere stato inciso durante un falò in spiaggia quella notte – segnalato da un pescatore – anche se gli inquirenti inizialmente avevano negato questa circostanza. Lo zio di Jois ha trovato resti di legni bruciati nel punto in cui hanno trovato il corpo del nipote.
Durante le indagini sono emersi i nomi di diversi gruppi Telegram a cui Jois era iscritto, tutti legati al mondo dell’esoterismo e del satanismo: “Comunità stregonesca italiana”, “Unione satanisti italiani gruppo ufficiale”, “Figli della luna”, “Tarocchi&Incantesimi”, “The name of Satan”, “La Libreria Esoterica” e “In Romine Excelsi Channel”. Il gruppo “Figli della luna” – nome che richiama il culto di Lilith – è stato cancellato e fatto sparire dopo la morte di Jois.
Il mistero della “sacerdotessa”
Un altro aspetto rimasto irrisolto riguarda i contatti che Jois avrebbe avuto prima della sua scomparsa. Dopo la notizia relativa a un messaggio vocale che il 20enne avrebbe inviato a un’amica, spiegando di aver fatto “un patto di sangue” con una donna, è emerso che il giovane studente universitario fosse in contatto con una donna che si faceva chiamare “la sacerdotessa”.
Chi sia questa donna però resta un mistero.
Una catena di intimidazioni contro la famiglia
La famiglia Pedone ha denunciato una serie di atti intimidatori che sembrano usciti da un manuale mafioso. Il campanello di casa suonato alle 4 del mattino, con la nonna che ha riferito di aver visto un uomo che ha lasciato un segno simile a un drago. Telefonate minatorie con l’imitazione del verso della civetta nelle settimane successive alla morte. Una civetta morta con un filo d’erba al collo trovata sulla tomba di un familiare, proprio mentre Jois era all’obitorio.

Tutti gesti che, secondo lo zio Gaspare Pedone, rievocano i simboli intimidatori tipici delle organizzazioni criminali. La civetta, in particolare, non è solo un riferimento mafioso ma ha anche profondi collegamenti con il simbolismo esoterico: nel medioevo era considerata legata alle streghe, le antiche tradizioni ebraiche raffiguravano il demone Lilith affiancato da due civette e nel cristianesimo antico era vista come incarnazione di Satana.
I misteri di quella notte fatale
Troppi elementi non tornano nella ricostruzione ufficiale della notte in cui Jois è scomparso. Il ragazzo era salito su un’auto nera nei pressi della sua abitazione, per poi tornare poco dopo. Successivamente aveva preso un taxi per dirigersi verso Punta Penna, dove tre uomini erano stati visti all’ingresso dell’area portuale. Due sembravano fingere di suonare il citofono, mentre il terzo osservava il taxi e il ragazzo. Un comportamento strano, considerando che a piedi non c’era necessità di citofonare per entrare nell’area.
Nel punto dove è stato ritrovato il corpo, il padre ha trovato un ciondolo, una “pietra energetica”. Chi può averla persa? Lo zio di Jois, durante un’intervista televisiva, ha spiegato che le persone che frequentavano il nipote “amano le pietre energetiche, sono molto appassionati”.
Le domande senza risposta
I dubbi più difficili da dissipare riguardano il ritrovamento del corpo di Jois. Come poteva un ragazzo da solo legarsi una zavorra alla caviglia? Come poteva legarsi un grosso zaino se il tassista sostiene che non ne aveva con sé? Chi ha partecipato al falò sulla spiaggia? La Z cosa simboleggia? Chi era la misteriosa “sacerdotessa” con cui Jois aveva avuto contatti? Cosa implicava il “patto di sangue” di cui si è parlato?

Il ventre oscuro dell’Abruzzo
Non è la prima volta che a Vasto si registrano possibili presenze di satanisti e sette. Nel 2012, in un palazzo della cittadina abruzzese furono trovate tracce che alcuni interpretarono come segni di messe nere e rituali satanici. La circostanza non trovò conferme ufficiali ma i segni apparvero inquietanti a molti attenti osservatori.
Quante potrebbero essere le sette sataniche in Abruzzo? Quante le persone coinvolte? Come agiscono? Tutte domande a cui mancano le relative risposte.
Una famiglia che non si arrende
“A chi dà fastidio la memoria di Jois Pedone? Chi vuole intimidire la ricerca della verità?” Sono invece gli interrogativi che la famiglia di Jois continua a porre e a porsi, nonostante le intimidazioni e la profanazione della tomba. Gli atti intimidatori, denunciano lo zio e la madre del ragazzo, sono stati finora minimizzati e non adeguatamente valutati dalle autorità competenti.
La famiglia è convinta che Jois non si sia tolto la vita ma sia stato ucciso, probabilmente vittima di un rituale satanico finito tragicamente. Una convinzione sostenuta da troppi elementi inquietanti per essere liquidata come l’incapacità di una madre o di uno zio che non sanno arrendersi al dolore.

Il silenzio di una città
Vasto sembra essersi dimenticata di Jois Pedone, voltandosi dall’altra parte di fronte alle grida di una famiglia che chiede giustizia. La città pare già aver rimosso il caso, come se il silenzio potesse cancellare le domande scomode e i misteri irrisolti.
La famiglia Pedone non si arrende. Continuerà a cercare la verità su quella notte maledetta, sui simboli inquietanti, sulle sette sataniche e su chi ha voluto zittire per sempre un ragazzo che forse aveva scoperto troppo o era diventato una minaccia per qualcuno.
La morte di Jois Pedone resta un caso aperto nella coscienza di chi non accetta che la giustizia si fermi a una comoda archiviazione. Perché alcune verità, per quanto scomode, meritano di essere portate alla luce, anche quando conducono negli anfratti più bui.