IL DITTATORE AL-SISI AI MEDICI EGIZIANI: CARCERE O MORTE. REGENI DOCET.

Il grido d’aiuto dei medici egiziani si alza e si propaga per tutto il Mediterraneo. “…Ci stanno costringendo a scegliere tra la morte e il carcere…". Il dittatore non si smentisce.

Gli operatori sanitari godono di trattamenti diversi in tutto il mondo. Quelli che ad alcune latitudini sono considerati “eroi”, ad altre vengono visti come pericolosi nemici politici. In Egitto, ad esempio, le critiche mosse dai medici al governo in occasione della pandemia sono state considerate come un vero e proprio attacco ai vertici delle istituzioni centrali. Il presidente Abdel Fattah al-Sisi, secondo Amnesty International, sarebbe ricorso ad arresti arbitrari e processi sommari per sbattere in galera i medici che hanno denunciato la precarietà delle misure di sicurezza, l’assenza di dispositivi di protezione individuale, l’inadeguata formazione all’individuazione dei contagi, l’insufficienza dei mezzi per testare il personale sanitario oltre al mancato accesso alle cure salvavita. Tra le accuse più ricorrenti utilizzate dal governo ci sarebbero quelle di “appartenenza a gruppo terroristico”, diffusione di notizie false” e “uso improprio dei social media”.

“…Invece di proteggere gli operatori sanitari – ha dichiarato in una nota ufficiale Philip Luther, direttore delle ricerche di Amnesty International sul Medio Oriente e l’Africa del Nord – che si trovano in prima linea nel contrasto alla pandemia e che si lamentano legittimamente a proposito delle loro condizioni di vita e dei rischi per la loro salute, il governo egiziano gestisce l’emergenza da Covid-19 ricorrendo alle consuete tattiche repressive. Così, gli operatori sanitari che prendono la parola si trovano di fronte a una scelta impossibile: rischiare la vita o affrontare il carcere…”.

Abdel Fattah al-Sisi

Parole taglienti e accuse pesanti quelle di Luther che gettano ancora più dubbi sulla condotta del presidente Abdel Fattah al-Sisi. In generale non sono poche le potenze internazionali che hanno accusato, più o meno velatamente, il governo egiziano di aver violato a più riprese i diritti dell’uomo e della legalità. Anche in Italia il dibattito circa la politica di al-Sisi rimane estremamente aperto. Soprattutto alla luce del fatto che l’Egitto nell’anno 2019 è stato il cliente d’armi più importante per l’Italia e per la nota vicenda sulla morte di Giulio Regeni che però, negli ultimi giorni, pare abbia preso una piega leggermente diversa in senso positivo. 

Secondo quanto riportato dal sindacato egiziano dei medici dall’inizio della pandemia sarebbero 400 i dottori contagiati e almeno 68 i decessi. Tra gli arresti che hanno fatto più scalpore, Amnesty International riporta quello di Alaa Shabaan Hamida, dottoressa di 26 anni, arrestata il 28 marzo all’ospedale universitario el-Sharby. Alaa, che tra le altre cose è in stato interessante, sarebbe stata accusata di terrorismo per aver informato tramite l’apposito numero verde il ministero della Salute di un caso di Covid-19. A denunciare l’atto sarebbe stato il direttore della stessa struttura sostenendo che il camice bianco fosse andato oltre i suoi compiti effettuando la comunicazione.

Il cercare del Cairo

Il 25 maggio, invece, un gruppo di medici dell’ospedale al-Mounira del Cairo avrebbe rassegnato le dimissioni in seguito alla mancanza di formazione e di kit per effettuare i tamponi.  Sarebbero inoltre numerose le fonti secondo cui i funzionari dell’Agenzia per la sicurezza nazionale si sarebbero recati all’ospedale al-Mounira per costringere i medici in sciopero a ritirare le dimissioni.

“…I nostri ricercatori – dichiarano da Amnesty International – hanno parlato anche con sette medici che hanno assistito a minacce nei confronti di loro colleghi che avevano sollecitato, attraverso post sui social media, il ministero della Salute a fornire kit per effettuare i tamponi, formazione e accesso alle cure mediche in caso di positività al Coronavirus. Una fonte del Sindacato dei medici ha confermato che gli operatori sanitari vengono tuttora sottoposti a minacce e interrogatori da parte dell’Agenzia per la sicurezza nazionale…”.

Se tale situazione di forte repressione sanitaria venisse confermata potrebbe prodursi una marcata frattura nei rapporti diplomatici tra gli Stati europei e l’Egitto. O forse no? Questo lo scopriremo solamente nei prossimi mesi.

Intanto il grido d’aiuto dei medici egiziani si alza e si propaga per tutto il Mediterraneo. “…Ci stanno costringendo a scegliere tra la morte e il carcere…” ha denunciato il sindacato nazionale dei medici generici. Un messaggio che certamente non lascia adito a molte interpretazioni. Cosa risponderà l’Europa?

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