Il caso ostriche e la tassazione sui beni di lusso: tornano le polemiche sull’Iva

Dopo il caso pannolini nel 2024 ora è la volta del nobile mollusco che potrebbe contrastare la crisi economica provocata dal granchio blu.

Roma – La proposta di abbassare l’Iva sulle ostriche lanciata dal ministro Francesco Lollobrigida continua a suscitare polemiche e ispira la satira politica. Se i pescatori trovano la soluzione importante per riprendersi dai danni causati dal granchio blu, tra le opposizioni c’è chi mostra contrarietà. Seppur sostenuta da partiti di opposizione come Pd e M5S, la proposta non piace a Italia Viva che – su Instagram – nei giorni scorsi ha ad esempio postato un ritratto della regina francese Maria Antonietta, sostituendone il volto con quello del nostro ministro e rielaborando le celebri frasi “Maestà il popolo non ha il pane” – “Dategli le brioches” con “Maestà il popolo ha fame” – “Dategli le ostriche”.

Nicola Fratoianni di Avs non sembra convinto. “Per il ministro Lollobrigida le ostriche dovrebbero avere l’Iva al 10% quindi sono beni essenziali mentre assorbenti, latte in polvere e pannolini sono beni di lusso dato che il governo Meloni ha aumentato l’Iva proprio per questi prodotti dal 5% al 10%. Davvero complimenti”, ha scritto su X. I 5 stelle parlano di “comiche totali”. Ma chi di sarcasmo ferisce, poi di imbarazzo perisce. E basta qualche attento cronista per ricordare che solo quattro mesi fa proprio una deputata Pd avanzò la stessa proposta. Cosa che fecero – per la finanziaria 2018 – altri 7 senatori dem. A novembre 2023 fu la volta anche di una senatrice di Italia Viva. Opposto il parere delle associazioni di settore: Legacoop Agroalimentare e Agci Pesca e Acquacoltura, plaudono all’iniziativa e dicono di chiedere da tempo di adeguare l’Iva sulla produzione alle aliquote di altri Stati Ue nostri concorrenti come Francia e Spagna.

Il ministro Lollobrigida e la proposta sulle ostriche

“Questo consentirebbe di vendere ad un prezzo più basso e favorirebbe una grande espressione della pesca made in Italy, – dicono – un segmento emergente dell’acquacoltura in tutto il Paese Lo chiediamo a maggior ragione adesso dal momento che l’ostrica resiste meglio di altri molluschi al granchio blu e la riduzione dell’Iva è diventata una necessità per poter dare agli allevatori una possibilità di diversificazione. Quindi la sua coltivazione diventa importante per un settore a forte rischio per le innumerevoli perdite. Paolo Tiozzo, vicepresidente Confcooperative Fedagripesca, fa notare come “in Italia l’aver scelto di tassare le ostriche come prodotto di lusso crea un gap nei confronti degli altri produttori europei che non hanno l’Iva al 22%, come da noi, ma sotto il 10%”.  Il nostro Paese, ha ricordato l’associazione, è infatti un importante consumatore di ostriche, con circa 10mila tonnellate annue, ma “il 97% delle ostriche consumate in Italia sono straniere, probabilmente francesi”.

Ed anche Francesca Biondo, direttrice generale di Federpesca, applaude al governo. La riduzione dell’Iva, osserva Biondo, “consentirebbe di implementare l’ostricoltura e diversificare le produzioni soprattutto in quelle zone del nostro Paese maggiormente colpite dall’emergenza granchio blu”. Una proposta quella di Lollobrigida che negli anni passati è stata avanzata più volte. Anche questa volta “ha ottenuto il consenso di maggioranza e opposizione”, ha evidenziato il ministro, che spiega come l’intento sia quello di difendere un settore fondamentale dell’industria italiana da pericoli come appunto la proliferazione del granchio blu nelle nostre acque.

La minaccia del granchio blu

“Oggi emerge un’altra possibilità di riscatto: l’ostricoltura. Le ostriche, più resistenti agli attacchi del granchio blu, possono rappresentare un’opportunità di sviluppo per il territorio”, spiega il ministro. L’ostrica è considerata un bene di lusso, è cioè tra quei beni non considerati di prima necessità, quindi superflui, caratterizzati da un valore economico molto alto. Di base su questi si applica l’IVA al 22%, se non nei casi in cui sono previsti regimi di tassazione speciale (a volte più più alta e a volte più bassa). Esempi di questo genere di prodotti sono gli yacht e i jet privati, le auto di lusso (che hanno il superbollo) gli immobili di lusso, i gioielli di alto valore, gli accessori di alta moda, cibi e bevande di lusso (come il caviale). 

Da qui la polemica che si era innescata nel 2024 per la scelta del governo, poi confermata anche per il 2025, di riportare l’Iva dal 5% al 10% su tamponi e assorbenti, oltre che su prodotti di igiene per l’infanzia come i pannolini. Perché allora non riabbassare quella su beni di uso quotidiano come gli assorbenti, chiede chi è in disaccordo. Le aliquote ridotte – come indicato dall’Agenzia delle Entrate – riguarda specifici beni e servizi. L’IVA è al 4% per i prodotti alimentari di prima necessità, i prodotti agricoli e alcune bevande (latte, legumi e ortaggi), si sale al 5% per alcuni alimenti e si arriva al 10% per esempio per la fornitura di energia elettrica e del gas per usi domestici, i medicinali, gli interventi di recupero del patrimonio edilizio (sempre per specifici beni e servizi).

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