Il caso Nicosia e la tutela del diritto allo studio dei detenuti: interrogazione a Nordio

Il ministro risponde alla vicenda che ha visto coinvolto un ex esponente dei Radicali recluso a Verona che dovrà laurearsi il 25 gennaio.

Vicenza – C’è un caso che ha fatto molto discutere nelle ultime ore, e ha alimentato il dibattito del diritto allo studio in carcere. Antonello Nicosia, ex esponente dei Radicali Italiani, detenuto a Vicenza, aveva avuto il via libera a discutere la tesi in presenza alla Sapienza. Ma il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria, non sarebbe stato in grado di garantire la scorta del detenuto da Vicenza a Roma. Da qui il senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin ha presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia e al ministro dell’Università e della Ricerca per “sapere quali iniziative intendano assumere al fine di consentire a Nicosia di poter partecipare alla propria cerimonia di laurea, prevista per il prossimo 25 gennaio”. 

Dalle informazioni acquisite – ha risposto il ministro Carlo Nordio all’interrogazione di Zanettin – emerge che al detenuto è stato pienamente garantito il diritto allo studio, consentendogli di partecipare il prossimo 25 gennaio alla propria cerimonia di laurea con le modalità di sicurezza richieste dal suo regime detentivo di Alta Sicurezza”. Da decisione del Tribunale di Sorveglianza di Venezia potrà eseguire l’esame di laurea in modalità telematica, così come era stato svolto il percorso universitario. “Mi preme però alla fine ricordare – ha aggiunto il Guardasigilli – che l’istruzione e la facilitazione di questi percorsi in carcere costituiscono un impegno costante di questo Governo. Le cito i numeri e ho finito: nell’anno accademico 2023/2024, sono risultati iscritti n. 1.509 detenuti, di cui 177 stranieri, per complessivi 586 corsi universitari, con un incremento di iscrizioni ai corsi universitari di oltre il 18% rispetto all’anno accademico precedente”.

“Prendo atto del fatto che, rispetto a quello che era stato scritto sulla stampa, Antonello Nicosia, recluso nel carcere di Vicenza, non corre il rischio di non poter ottenere la laurea per la negata autorizzazione da parte
del Dap a partecipare alla relativa cerimonia a Roma”, ha detto il senatore Zanettin intervenendo in Aula durante il Question time al ministro della Giustizia. “Il fatto che possa farlo da remoto – ha aggiunto – è già una buona notizia. Personalmente credo però che con la sua presenza all’università, attraverso una dotazione di personale idonea, l’amministrazione avrebbe potuto vantare un successo ulteriore. Sarebbe stato un bell’esempio di integrazione della detenzione con il diritto allo studio”.

“L’articolo 27 della Costituzione – ha proseguito – afferma che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato e deve comunque ispirarsi ai criteri di umanità. In quest’ottica, l’amministrazione penitenziaria ha il dovere di agevolare il diritto allo studio dei detenuti. La laurea di un detenuto recluso deve essere infatti considerata un fiore all’occhiello dell’amministrazione e non solo un onere burocratico da adempiere”, ha concluso.

Come scrive l’associazione Antigone nel Rapporto sulle condizioni di detenzione, “l’istruzione è un diritto costituzionalmente garantito e all’interno delle carceri diviene un elemento trattamentale fondamentale per la risocializzazione e il reinserimento della persona detenuta all’interno della società. Si intende evidenziare sin da subito che le persone detenute che accedono ai corsi, e gli stessi corsi, sono nel tempo in costante aumento. Disciplinato dall’art. 19 l. 354/1975 e art. 44 D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, l’istruzione intramuraria deve avere nei programmi e nei metodi di insegnamento le stesse caratteristiche della scuola esterna e prevedere, almeno sulla carta, la possibilità per i detenuti-studenti di effettuare un percorso che parta dalla scuola primaria e arrivi fino all’Università”.

Ad “aumentare nel corso degli anni – evidenzia il rapporto alla voce istruzione – non è solo la partecipazione ai corsi di scolarizzazione di primo e secondo livello, ma anche la partecipazione ai corsi universitari.
L’organizzazione dei corsi universitari in carcere è considerata una buona pratica italiana rispetto ad altri contesti internazionali, dove non è sempre garantita né prevista. Nelle città con Università grandi o particolarmente attente al mondo penitenziario si sono sviluppati nel corso del tempo i Poli Universitari Penitenziari, che sono organizzati in un coordinamento chiamato Conferenza Nazionale dei Poli Universitari Penitenziari (CNUPP) istituita presso la CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università̀ Italiane). Oggi la CNUPP conta 44 Università”. 

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