La vicenda di Venezia è emblematica di tante storie di donne costrette a combattere nei tribunali per se stesse e per i propri figli.
Roma – “Un uomo che vuole costringere la sua compagna ad abortire. Una donna che, invece, decide di portare avanti la gravidanza da sola. Lo stesso uomo che, dopo qualche tempo, decide di avviare un lungo iter giudiziario per rivendicare la paternità della bambina che, intanto, è nata e vive con la madre. E per rivendicare la paternità fa ricorso alla famigerata Pas, sindrome da alienazione parentale. Una teoria ascientifica rigettata dalla comunità scientifica internazionale e non riconosciuta da nessun ordine professionale né dall’OMS o dal Ministero della Salute, ma utilizzata con uno scopo ben preciso: colpevolizzare la madre e allontanarla dai figli senza curarsi in alcun modo degli effetti che questo ha sui minori coinvolti. In questo caso, sulla minore”. In una nota l’Intergruppo della Camera per le donne, i diritti e le pari opportunità, coordinato dalla deputata dem Laura Boldrini, riporta alla luce una storia che fece molto discutere.
“La vicenda in questione, che molti conoscono come il caso di ‘mamma Frida’, è emblematica di tante storie di donne costrette a combattere nei tribunali per se stesse e per i propri figli. Una storia iniziata diversi anni fa ma per la quale, ancora, la figlia di Frida non è stata ascoltata dai magistrati, pur essendo perfettamente in grado di parlare per sé. Questo in totale violazione della riforma Cartabia che stabilisce come i minori debbano essere ascoltati prima che il Tribunale prenda decisioni su di loro. Ora la bambina rischia di essere prelevata contro la sua volontà e sottratta dal luogo in cui risiede con la madre. Frida è venuta alla Camera, qualche settimana fa, a raccontarci la sua incredibile e dolorosa vicenda alla quale non si può restare indifferenti“.
Per questo, come Intergruppo della Camera per le donne, i diritti e le pari opportunità hanno presentato una interrogazione al ministro della Giustizia Nordio per chiedergli quale iniziativa intenda prendere perché i bambini vengano ascoltati dai giudici, come previsto dalla legge. “E gli chiediamo – concludono – anche quale provvedimento normativo intenda adottare per evitare che nei tribunali si faccia ancora ricorso alla Pas che anche la Corte di Cassazione ha definito priva di validità scientifica e per escludere il prelievo coattivo dei minori nei casi come quello che potrebbe riguardare la bambina figlia di Frida”.
“Ti prego Frida, salvaci tutti”; “mi stai minacciando di mettere al mondo un figlio mio anche se non lo volessi ma mi vuoi far suicidare questa notte seduta stante?”, “non trafiggermi, non affondare la tua lama nel mio corpo ne morirei in un modo o nell’altra”, “sei una lurida sgualdrina”, “spero che tu muoia”. Questi sono alcuni dei messaggi inviati alla compagna incinta da un uomo che rifiutava la paternità. Così, nel 2016, cominciava la gravidanza di una donna veneziana, Frida, che dopo due anni sarebbe stata stritolata in un processo kafkiano. Prima ha resistito a pressioni e ricatti morali perché abortisse la figlia, poi ha affrontato la gravidanza e il parto senza nessun supporto materiale e morale da parte del padre della bambina, infine è stata giudicata madre inadeguata e alienante dal Tribunale di Venezia.
Quando la bambina aveva 18 mesi il padre biologico, che aveva minacciato di suicidarsi perché viveva la notizia della nascita come la propria morte, ha chiesto il riconoscimento della paternità. Una richiesta che era stata respinta dalla madre della bambina per comprensibile sfiducia e dubbi sulla capacità genitoriale di un uomo che aveva reagito con angoscia alla notizia della propria paternità. Frida è stata sottoposta a due Ctu che hanno rilevato, quando la bambina aveva 18 mesi, un “conflitto di lealtà” nei confronti di un padre che non era mai stato presente. “I giudici hanno stabilito in un primo momento le visite vigilate tra padre e figlia e poi visite libere, senza prendere in considerazione il disagio manifestato dalla bambina” – dice Frida. Le stesse maestre hanno raccontato dell’angoscia della bambina quando il padre andava a prenderla all’uscita da scuola perché per lei era un perfetto sconosciuto.
Frida ha perso la responsabilità genitoriale della bambina che è stata affidata al servizio sociale, ma non solo: è stata anche multata dal Tribunale di Venezia con un importo davvero inusuale, 47mila euro (il suo stipendio di maestra precaria è stato già pignorato) per lite temeraria e per violazione della bigenitorialità. Una bigenitorialità che non si era mai concretizzata perché il padre non era mai stato presente, avendo rifiutato la paternità.