luca attanasio

Il caso Attanasio: dall’omicidio in Congo alla Corte Penale Internazionale

Il diplomatico italiano, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista Mustapha Milambo persero la vita in un agguato. Dubbi sulla sicurezza della missione.

RdC – Il 21 febbraio 2021 rimane una delle pagine più buie della diplomazia italiana recente. Lungo la Route Nationale 2, nella regione del Nord Kivu della Repubblica Democratica del Congo, un agguato costò la vita a tre persone: l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, 43 anni, il carabiniere Vittorio Iacovacci, 30 anni, che gli faceva da scorta, e l’autista del World Food Programme Mustapha Milambo.

L’agguato all’ambasciatore Attanasio

L’ambasciatore Luca Attanasio, sposato con Zakia Seddiki di origine marocchina e padre di tre figlie, stava svolgendo una missione umanitaria insieme al World Food Programme quando il mezzo su cui viaggiavano fu attaccato. Il convoglio del PAM, con a bordo l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, fu colpito lungo la strada RN2, a circa 15 chilometri da Goma, nella Repubblica Democratica del Congo. La missione era diretta a Rutshuru, dove era prevista la visita a un progetto di alimentazione scolastica. Nonostante l’instabilità della regione, il convoglio non disponeva di scorta armata.

Intorno alle 10:15, sei uomini armati di fucili e machete tesero un’imboscata. Aprirono il fuoco per bloccare i veicoli e uccisero sul colpo Mustapha Milambo, l’autista congolese. I malviventi costrinsero quindi Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e altri quattro passeggeri a scendere dai mezzi, conducendoli nella boscaglia. L’obiettivo, secondo le prime indagini, era un sequestro a scopo di riscatto.

L’arrivo tempestivo dei ranger del Parco del Virunga, allertati dai colpi d’arma da fuoco, provocò uno scontro. Iacovacci, 30 anni, cadde mentre cercava di difendere l’ambasciatore. Attanasio, colpito gravemente all’addome, fu trasportato d’urgenza all’ospedale MONUSCO di Goma, dove morì poco dopo, esattamente alle 10.50.

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Vittorio Iacovacci, Luca Attanasio e l’autista Mustapha Milambo

Il Nord Kivu è una regione segnata dalla presenza di gruppi armati e bande criminali ma il PAM aveva classificato la zona dell’agguato come “sicura”. Un dettaglio che, ancora oggi, solleva interrogativi sulla gestione della sicurezza della missione e sul livello di coordinamento tra le agenzie internazionali coinvolte.

Le indagini: tra verità parziali e misteri irrisolti

Le indagini condotte dalla procura di Roma e dai Carabinieri del ROS si sono scontrate con ostacoli significativi. Gli investigatori italiani hanno potuto operare solo fino a Kinshasa, fermandosi a circa 2000 chilometri dal luogo dell’agguato, a causa delle difficoltà logistiche e di sicurezza nel raggiungere la zona dell’attacco.

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Luca Attanasio

Nel 2022, le indagini italiane hanno delineato un quadro inquietante: secondo la ricostruzione degli inquirenti, si sarebbe trattato di un rapimento a scopo di estorsione. I rapitori avrebbero chiesto 50.000 dollari per il rilascio delle vittime. Tuttavia, questa versione non ha mai convinto pienamente le famiglie delle vittime e parte dell’opinione pubblica.

Il processo in Congo

In Congo è stato avviato un processo separato che ha incontrato diversi ostacoli. Gli imputati originariamente arrestati nel gennaio 2022 sono stati sostituiti con altri soggetti, sollevando dubbi sulla reale identificazione degli autori materiali dell’agguato. Nel marzo 2023, l’accusa congolese ha chiesto la pena di morte per sei imputati, una richiesta che ha suscitato perplessità anche nel padre dell’ambasciatore, Salvatore Attanasio, che ha dichiarato che “Luca non avrebbe mai voluto” quell’epilogo.

Luca Attanasio

Le problematiche processuali in Italia

Anche il processo italiano ha incontrato non pochi impedimenti. I funzionari dell’ONU accusati di omicidio colposo per aver organizzato la missione sono riusciti a evitare il processo sfruttando l’immunità diplomatica. Nel febbraio 2024, il Gup di Roma ha stabilito che due funzionari del World Food Programme non dovranno essere processati, lasciando di fatto soltanto l’ex dirigente del World Food Programme in Congo come unico imputato per omicidio colposo.

L’approdo alla Corte Penale Internazionale: l’esposto dell’avvocato Magnarelli

Di fronte allo stallo delle indagini nazionali, l’avvocato Lorenzo Magnarelli, che rappresenta il fratello del carabiniere Vittorio Iacovacci, ha presentato un esposto alla Corte Penale Internazionale dell’Aia. L’azione legale si basa sull’articolo 15 dello Statuto di Roma e rappresenta un tentativo di sbloccare una situazione investigativa che dopo quattro anni continua a presentare troppi punti oscuri.

Il caso approda alla Corte Penale Internazionale

I nodi irrisolti

L’esposto alla CPI nasce dalla consapevolezza che rimangono ancora da chiarire aspetti fondamentali della vicenda. Il movente reale resta incerto: non è chiaro se si sia trattato effettivamente di un rapimento a scopo di estorsione o se ci fossero altre motivazioni. I mandanti rimangono sconosciuti: chi abbia realmente ordinato l’agguato e perché è ancora un mistero. Le reti criminali coinvolte non sono state identificate: quali organizzazioni si celino dietro l’attacco resta da determinare. Infine, permangono interrogativi sulle responsabilità nella sicurezza: perché mancassero le principali misure di protezione per una missione in una zona notoriamente pericolosa.

Le prospettive della Corte Penale Internazionale

La Corte Penale Internazionale, con sede all’Aia, ha competenza sui crimini più gravi che interessano l’intera comunità internazionale: genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. L’intervento del procuratore della CPI potrebbe aprire nuove prospettive investigative, superando l’impasse delle indagini nazionali che si sono rivelate insufficienti a far emergere una verità completa.

L’esposto alla Corte Penale Internazionale rappresenta forse l’ultima speranza per le famiglie delle vittime di ottenere giustizia e per l’Italia di fare finalmente luce su una delle pagine più buie della sua diplomazia contemporanea.

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