Testo inviato al Ministero dopo la circolare dal capo della Polizia Pisani sulla identificazione degli ospiti delle strutture ricettive.
Roma – Da mesi tiene banco il caso ‘affitti-brevi’, con polemiche e manifestazioni nelle varie città. Ora dodici associazioni di categoria hanno inviato in queste ore un documento al Ministero dell’Interno, a seguito della Circolare dal Capo della Polizia Pisani del 18 novembre scorso avente ad oggetto proprio “l’identificazione delle persone ospitate presso strutture ricettive” con la quale si richiedeva in modo specifico, per motivi di sicurezza, il riconoscimento “de visu” dell’inquilino degli alloggi locati per finalità turistiche. A inviare il documento sono state FIAIP, Pro.Loca.Tur, Confassociazioni RE, Property Managers Italia, OspitaMi, Host+Host, Host Italia, Bre-VE, MyGuestFriend, ABBAV, Bisogna &ssere Bravi, Altea.
L’intento delle associazioni firmatarie “è quello di offrire un contributo costruttivo al Ministero affinché, nel rispettare le comuni necessità di pubblica sicurezza, venga definito uno standard identificativo a distanza semplice e sicuro, attraverso le moderne tecnologie a disposizione, che non si traduca in un ulteriore aggravio per i singoli proprietari di appartamenti concessi in locazione turistica o in un ulteriore adempimento per gli agenti immobiliari professionali e/o operatori/gestori di locazioni turistiche che, di fatto, andrebbe a generare ulteriori costi”.
Nella memoria depositata al Viminale si evidenzia, inoltre, “come oggi sia possibile soddisfare il criterio del riconoscimento “de visu” delle persone alloggiate, unitamente al confronto con il rispettivo documento di identità, anche a distanza, attraverso l’utilizzo di dispositivi mobili tramite video, fotografie o scansioni”. “Abbiamo suggerito uno standard identificativo a distanza tecnologicamente semplice e sicuro – commentano i rappresentanti delle dodici associazioni di categoria -. Riteniamo che seguendo il percorso istituzionalmente più ordinato e lineare, il Ministero abbia tutti gli strumenti utili per definire la tecnologia più adatta e sicura che sia facile da assimilare e quindi da rispettare“.
“Uno standard operativo snello viene rispettato senza problemi – concludono i rappresentanti delle associazioni – mentre una procedura complessa alimenta involontariamente irregolarità e, spesso, situazioni di illegalità, perciò, diventa controproducente rispetto ai comuni obiettivi”. A dicembre era scoppiato il caso affitti brevi. Da una parte ci sono le famiglie e gli studenti che hanno sempre meno chance di avere un tetto, a causa del boom turistico e dell’aumento dei prezzi. Dall’altra la guerra alle Key-box: il Viminale così aveva vietato il check-in “fai da te”.
I sindaci di molti comuni italiani chiedono più potere per limitare gli affitti brevi, soprattutto nei centri città. In mancanza di una normativa nazionale, alcuni comuni stanno già mettendo in atto dei provvedimenti in autonomia, tra possibili ricorsi al TAR e opinioni discordanti delle associazioni di categoria. Con l’avvicinarsi del Giubileo del 2025, Roma si trova ad affrontare la complessa sfida dell’overtourism. Tra i provvedimenti allo studio, il Comune sta valutando un nuovo regolamento per limitare l’uso di appartamenti e strutture residenziali per gli affitti brevi, fenomeno che negli ultimi anni ha trasformato il mercato immobiliare della capitale, portando a un aumento dei prezzi e alla riduzione di disponibilità di alloggi a lungo termine per i residenti.
A quel punto il Viminale aveva dichiarato guerra alle Key-box che ormai spopolano nelle città d’arte. “Io credo che sia un modello da superare”, aveva detto il ministro dell’interno, Matteo Piantedosi, a proposito della normativa che impone il riconoscimento di persona degli ospiti che usufruiscono degli affitti brevi. Le Key-box, aveva sottolineato, “sono da superare” perché rappresentano un “sistema molto critico anche in termini di rispetto della normativa che impone un’effettività del riconoscimento della persona che poi accede al servizio alberghiero”. Il ministro aveva ricordato che “ci sono episodi che testimoniano che viene utilizzato per eludere la completa applicazione della norma. Per cui siamo partiti con questa direttiva, intendiamo poi rafforzare anche i controlli e progressivamente far in modo che sia affermato un controllo ordinario e meno elusivo”.