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Il branco e la preda, l’arcaico rigurgito di una mascolinità vigliacca

Nello stupro di gruppo di Catania, il segno di uno sprofondo culturale che non conosce confini generazionali e condanna (ancora) la donna alla subalternità.

Milano, Roma, Torino, Palermo, Porto Cervo. Ora Catania. Ancora una violenza di gruppo, un branco che si muove e, forte del numero, accerchia e prende la preda. Questa volta è toccato a una tredicenne che, sotto gli occhi del fidanzato di 17 anni, tenuto fermo e minacciato, è stata violentata da due ragazzini mentre gli altri cinque stavano a guardare.

I bagni fetidi della Villa Bellini dove si è consumata la violenza sessuale

Un orrore dove la donna, in questo caso poco più che bambina, è ridotta a mero oggetto del piacere maschile, usata come strumento di virilità che va ostentato davanti alla banda: venite, ci divertiamo, guardate come si fa. I contorni giudiziari di una storia di cui si hanno poche notizie certe ma nella quale vi è il riconoscimento sicuro di due dei predatori, effettuato dalla vittima in un confronto all’americana. Sono stati loro, ha detto, gli altri guardavano. Anche uno degli “spettatori” è stato identificato. Degli altri non era certa, non voleva correre il rischio di accusare degli innocenti. Quanta forza, in questa ragazzina. La sopraffazione non l’ha vinta, anche lei vuole andare fino in fondo: non la passerete liscia.

Il Giardino Bellini di Catania

Oltre ai femminicidi, oltre alle violenze (fisiche, psicologiche ed economiche) fra le mura domestiche, oltre alle violenze sessuali perpetrate da ex o da sconosciuti, anche la violenza di gruppo pone al centro la donna solo perché appartenente a un genere. Inammissibile, nel 2024, eppure è così. In quanto nata con caratteristiche biologiche definite, solo per questo possibile oggetto di scherno e ludibrio, a rischio di essere presa. Un agire che può essere letto come risultato finale di un’educazione dove mancano valori basilari del rispetto e di una sessualità consensuale. Li hanno avuti, i ragazzi del branco, tutti egiziani tra i 15 e i 19 anni? Ma poco importa siano egiziani o libanesi, la nazionalità è un discrimine che sposta il focus. Nello stupro di gruppo di Porto Cervo dell’estate scorsa erano tutti italiani, e anche in quello di Palermo. “Voleva farsi tutti, alla fine gli abbiamo fatto passare il capriccio. Come 100 cani sopra una gatta” si scrissero fra di loro in chat. Tutto documentato dai cellulari, un porno amatoriale. Che orrore.

Un solo vigile urbano in servizio presso la Villa Bellini di Catania?

Immaginate se si trattasse di vostra figlia, o anche solo di un’amica di vostra figlia. Nessuno spazio, pubblico e privato, è più dunque sicuro? Perché accade? Comportamenti filogeneticamente primitivi di dominio che annullano milioni di anni di evoluzione e si manifestano attraverso il branco: sesso e violenza diventano una connessione che spinge ad agire. Un contagio emotivo che spinge tutti a partecipare, chi si oppone è fuori. Dinamiche dove la vittima non viene nemmeno vista, inutile le sue invocazioni di dolore e le richieste di fermarsi. “Vi imploro, vi supplico, non mi fate del male, lasciatemi andare…”, avrebbe detto secondo le prime indiscrezioni la tredicenne siciliana. Nessuna empatia: ci servi, sei strumento dei nostri sordidi scopi.

Una delle telecamere della Villa Bellini, pare che ne funzionino 5 su 14, avrebbe ripreso lo stupro

E a volte è proprio la forza del branco che spinge a fare ciò che non si farebbe da soli, una comunione orrorifica che porta a credere che sia l’unico modo per mostrare che si è “veri uomini”. Senza prendere in considerazione che in realtà si è vigliacchi. Sette contro due, nell’episodio di Catania. Venti contro una a Torino (compreso chi aveva assistito), cinque contro una a Milano. Disposizioni biologiche arcaiche e messaggi culturali che sostengono la concezione di donna come inferiore e non degna di considerazione, mancanza di ruoli educativi famigliari e scolastici, abbandoni. Generazioni intere che riproducono comportamenti prima non evidenti e che ora riempiono le cronache del male. Tanti o pochi che siano, è necessaria una presa d’atto singola e collettiva se non vogliamo che continui. Se non vogliamo che un’altra donna sia abusata.

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