“Il bar è nostro”, maxipizzo al clan. Arresto bis per il boss Vincenzo Di Lauro

Cinque in manette nell’operazione della Dda di Napoli: il commerciante costretto a versare 70 cambiali da mille euro al mese e altri 100mila in un’unica soluzione.

Napoli – Il clan Di Lauro si arroga il diritto di proprietà sul bar di un imprenditore di Arzano, costringendolo a pagare tangenti tramite cambiali. Per porre fine alle vessazioni, la vittima avrebbe anche versato 100.000 euro in contanti. Gli uomini dell’Arma di Casoria e il Ros dei carabinieri, nell’ambito di un’operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno arrestato cinque persone e tra queste anche il boss Vincenzo Di Lauro (già in carcere da ottobre), figlio di Paolo, il boss di Gomorra noto come “Ciruzzo ‘o milionario”. 

Oltre al boss, i destinatari dell’ordinanza sono considerati pezzi importanti del clan Di Lauro di Secondigliano. Come Giovanni Cortese, braccio destro del defunto Cosimo Di Lauro; il figlio Mario, Umberto Lamonica e Gennaro Bizzarro, figlio di Federico, ucciso nel 2004 e considerato il primo morto della faida tra il clan Di Lauro e i cosiddetti scissionisti. I cinque indagati (di cui 3 già detenuti per altra causa), sono accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Le indagini, condotte dai carabinieri di Arzano nel novembre 2023, hanno trovato la loro genesi nella denuncia sporta dal commerciante che ha dichiarato di essere vittima, dall’ottobre 2020, di estorsione da parte di tre uomini a lui noti appartenenti al clan Di Lauro di Secondigliano.

In particolare, l’imprenditore, dopo aver rifiutato di cedere ai Di Lauro il suo bar, era stato costretto dagli stessi a pagare 70mila euro in rate mensili da mille euro, garantite da altrettante cambiali che la vittima ha dovuto sottoscrivere e consegnare agli indagati. Ogni qualvolta la vittima pagava una rata – si legge in una nota delegata dalla Procura di Napoli – si vedeva restituita una cambiale che quindi fungeva da garanzia per il pagamento stesso. Tali corresponsioni si sono protratte fino al mese di luglio 2022, quando l’uomo ha deciso di cedere l’attività, pensando che potesse cessare l’imposizione. Di tutt’altro avviso gli estortori che, quando nel mese di gennaio 2023 l’uomo ha aperto un altro bar in un’altra zona di Arzano, si sono ripresentati pretendendo ancora la tangente, minacciandolo di morte al suo rifiuto.

Tra i destinatari dell’ordinanza cautelare c’è anche il boss Vincenzo Di Lauro

Ma quanto denunciato risulta, tuttavia, solo una parte della storia. In effetti, la vittima, sentita dal pubblico ministero della Dda ha successivamente spiegato che il clan Di Lauro gli aveva imposto di pagare delle somme a titolo di estorsione già a partire dal 2018 in quanto tale famiglia camorristica si riteneva proprietaria della sua attività. Effettivamente, per quanto riscontrato questa volta dai militari del ROS di Napoli, la vittima, intorno ai primi giorni di gennaio del 2019, aveva corrisposto ai Di Lauro 100mila euro in contanti per far cessare ogni loro pretesa, seppur priva di titolo, sul suo esercizio commerciale. A sostegno e prova ulteriore dei fatti anche alcune dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Roselli (soprannominato ‘‘Frizione’’, elemento di spicco del clan Amato-Pagano), riscontrate dai militari del ROS. 

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