La tesi di “Invece del ponte” che analizza tutte le criticità sul tavolo: dall’impatto ambientale all’occupazione al traffico navale.
Messina – Il comitato “Invece del ponte” ribadisce la propria posizione contraria e contesta le tesi della società Stretto di Messina. Per il comitato, il ponte che si vuole realizzare per collegare la Calabria alla Sicilia “è un’opera in perdita”. Si legge in un documento: “L’analisi costi e benefici è metodologicamente sbagliata e i suoi risultati sono falsati da errori di impostazione, modalità di calcolo, omissioni o contraddizioni. Quindi la valutazione dell’opera è errata e fuorviante. Non rispetta i criteri stabiliti dalla Bei (Banca europea degli investimenti). Ed è irrealistica nella previsione che possa sostituire interamente il traghettamento, sovrastima il risparmio di tempo e il ritorno occupazionale.
E ancora, non sono calcolati altri effetti esterni, come i riflessi negativi sul traffico navale da/verso Gioia Tauro e Sicilia. A conti “rifatti” l’analisi costi benefici va in perdita per svariati miliardi”. Continua Invece del ponte: “Il beneficio occupazionale è calcolato in modo omissivo o contraddittorio. Per gli 8 anni di lavorazione si stima nuova occupazione per 540 milioni di euro fino al 2032: circa 2.600 lavoratori/anno. Però l’analisi costi benefici vale fino al 2062 e presuppone che tutti i servizi traghetto vengano soppressi. Almeno 1.200 posti di lavoro cancellati dal 2032. L’occupazione perduta non è compensata dai lavoratori della gestione e manutenzione del ponte. Il “beneficio occupazionale diventa negativo per un valore compreso fra 4,7 milioni e 1,2 miliardi, con perdita compresa fra 550 milioni e 1,7 miliardi”.
Il comitato “Cittadini per lo sviluppo sostenibile dell’area dello Stretto di Messina”, fa notare che lo scenario ponte è “costruito in base all’ipotesi irrealistica che lo stesso sostituirà interamente il traghettamento. Sia i privati, sia l’Autorità portuale hanno dichiarato al Parlamento, al Comune e alla stampa che i loro servizi rimarranno perché una parte non irrilevante di passeggeri continuerà a usare le navi. Per questo, insistono, la “domanda del ponte” è sovradimensionata. Anche il “risparmio del tempo” (8,9 miliardi) è “molto sovrastimato: un minor numero di passeggeri di quello previsto risparmierà un tempo inferiore rispetto a quanto ipotizzato. Ci sono almeno 2,5-3,5 miliardi di troppo”.
Infine, “il risparmio ambientale è mal calcolato. L’ipotesi che si azzeri il traffico delle navi sullo Stretto è irrealistica e le navi che interverranno nei prossimi anni – sostengono i comitati cittadini – saranno molto meno impattanti di quelle attuali, per cui il risparmio sull’ipotesi senza ponte si riduce di molto”. Il parametro di 800euro/ton per valutare l’impatto del CO2 è irrealistico e usato per ben altri tipi di analisi. Lo stesso “costo di investimento” non è chiaro: da 13,5 miliardi si passa a 12,9 per tener conto del “beneficio occupazionale” (in realtà negativi). Poi però nella tabella finale questo costo diventa 12 miliardi, con la scomparsa di quasi 1 miliardo non commentata e non giustificata. Non sono calcolati altri effetti esterni, come i riflessi negativi sul traffico navale da/verso Gioia Tauro e Sicilia.