L’associazione nata il 25 marzo del 1995. Il fondatore: “Legalità rischia di essere una parola vuota, se non è accompagnata da interventi politici”.
Roma – L’associazione Libera, di cui ricorre il trentesimo anniversario, fu “un’ondata di ribellione morale e
fermento civile”. Così alla Stampa il fondatore e presidente don Luigi Ciotti. “Trent’anni – dice – di una rete plurale, nata per rendere più incisivo l’impegno delle realtà che la compongono. E di tappe importanti”.
“La verità e la giustizia – dice ancora – non sono ‘accessori’ della vita, ma la condizione affinché una vita sia libera e dignitosa. Legalità rischia di essere una parola vuota, se non è accompagnata dalla concretezza di interventi politici, sociali e culturali che restituiscano dignità all’esistenza di tante persone lasciate ai margini”. Il 25 marzo 1995 nasce Libera con una campagna per la raccolta di firme in calce al disegno di legge di iniziativa popolare per il riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati alle mafie.
Libera compie trent’anni, scegliendo di appellarsi al bene più prezioso, quello da cui dipendono tutti gli altri: la libertà. Libertà dalle mafie, dalla corruzione, dall’illegalità e dal malaffare. “Tra conquiste e nuove sfide, è tempo di muoversi” è il titolo del numero speciale de lavialibera, periodico di Libera e Gruppo Abele, dedicato all’anniversario dell’associazione antimafia. Nasce come rete di associazioni, prima realtà nazionale dichiaratamente schierata contro la criminalità organizzata in un clima politico e sociale rovente. Dal 1995 molto è cambiato: le mafie non uccidono (quasi) più, si sono evolute, sono meno riconoscibili e grazie alle moderne tecnologie e a una conoscenza accurata dei sistemi finanziari, tessono alleanze più articolate che in passato, ma le persone continuano a subire il potere mafioso. Ciò che sembra mancare è la forza e la voglia di reagire.

“Vediamo prevalere una forma pericolosissima di rassegnazione – spiega don Luigi Ciotti nel suo editoriale–. Se i boss sono forti quanto prima e sanno cogliere ancora meglio le opportunità di guadagno; se una parte della politica, dell’imprenditoria e dell’amministrazione pubblica è così sensibile alle lusinghe del denaro sporco, allora significa che questo marcio che abbiamo intorno non si può rimuovere, tanto vale guardare oltre. Il crimine organizzato sembra insomma diventato, agli occhi di molti cittadini e cittadine, un crimine ‘normalizzato’. E a chi ci dice che tanto le cose non cambieranno, rispondiamo che senza il grande impegno di molti per arginare il malaffare, oggi i parametri dell’illegalità e dell’ingiustizia nel nostro Paese sarebbero ancora peggiori. In questi trent’anni abbiamo saputo cambiare, senza mai perdere di vista la nostra missione originaria: rendere l’Italia un Paese libero dalle ingiustizie”.
Don Ciotti, sempre parlando a La Stampa, sottolinea come il “conflitto fra governo e magistratura non può che indebolire la democrazia. Bisogna fare attenzione a chi cerca di far passare il ruolo di garanzia dei giudici come se fosse un’ingerenza indebita. Il legittimo esercizio del potere, se pretende di svincolarsi da qualsiasi controllo, diventa illegittimo. E apre la porta a pericolosi abusi”. “Troppe volte abbiamo visto istituzioni corrotte fiancheggiare le mafie anziché combatterle – prosegue don Ciotti – Ma anche laddove non esiste una complicità diretta, ci sono scelte legislative che possono avvantaggiare il mondo criminale. Oggi le mafie uccidono meno, ma sono più forti. Mafie transnazionali, tecnologiche e imprenditoriali, che nel nome
degli affari hanno rinunciato a sfidare apertamente lo Stato e persino a farsi la guerra al proprio interno, preferendo quasi sempre agire sottotraccia: meno delitti, più profitti”.

“Non ha neppure più senso – rileva ancora – parlare di contaminazione mafiosa, perché assistiamo a una sovrapposizione fra obiettivi e metodi dei boss e di un certo capitalismo liberista senza freni. Quando ci sono poteri, magari legittimati dal voto popolare, che prendono apertamente a modello la spregiudicatezza mafiosa, il pericolo che la democrazia collassi è reale. E l’equilibrio fra organi dello Stato diventa un argine da salvaguardare ad ogni costo”.
Nel suo editoriale, la direttrice de lavialibera Elena Ciccarello scrive: “Libera compie trent’anni e lo fa in un momento particolarmente delicato per l’Italia, l’Europa e il resto del mondo. Soffiano venti di revisionismo storico, si stringe la morsa repressiva, prende forma l’attacco ai presidi democratici, sono annunciate alleanze oscure e paci ingiuste. Il sentimento più diffuso tra chi non è già salito sul carro dei vincitori è di sconforto, spesso accompagnato da preoccupazione per ciò che accade e che potrebbe ancora accadere. Eppure, la storia ci insegna che il passato è stato, prima di tutto, un presente fatto di scelte, complicità, attendismi e disobbedienze. Sta a ciascuno di noi decidere da che parte stare”.