“Ha detto no solo dopo 20 secondi”: ex sindacalista assolto dall’accusa di violenza

La Corte d’Appello di Milano confermato il giudizio emesso nel 2022 dal Tribunale di Busto Arsizio nei confronti di Raffaele Meola, accusato di violenza sessuale da una hostess.

Milano –  “Lei ha detto no solo dopo 20 secondi”. Con questa motivazione, resa nota oggi, la Corte d’Appello di Milano ha confermato, lo scorso giugno, l’assoluzione dell’ex sindacalista Raffaele Meola, accusato di violenza sessuale nei confronti di una hostess. Venti secondi: un intervallo di tempo ritenuto dai giudici insufficiente per condannare l’uomo. Che quindi, secondo le risultanze del processo rese note oggi, “non ha esercitato alcuna forma di violenza, nonostante si sia trattato di toccamenti improvvisi, tali da non rendere la vittima incapace di sottrarsi all’azione”. Inoltre, la condotta non avrebbe “annullato ogni possibilità di reazione da parte della vittima, poiché durata solo venti-trenta secondi, un tempo che le avrebbe consentito di allontanarsi”.

Il 24 giugno scorso, la prima sezione penale della Corte d’Appello aveva confermato l’assoluzione di Meola, che nel 2018 era stato coinvolto in una vertenza sindacale con la hostess. La sentenza di primo grado aveva già suscitato polemiche, e dopo il verdetto d’appello l’Associazione Differenza Donna, per voce dell’avvocato Maria Teresa Manente, aveva definito il pronunciamento un “ritorno indietro di 30 anni”. La Procura generale di Milano, rappresentata dal sostituto pg Angelo Renna, aveva richiesto una condanna in appello, ribaltando il precedente giudizio emesso dal Tribunale di Busto Arsizio nel 2022. Invece, la Corte ha confermato l’assoluzione, lasciando aperta la possibilità di un ulteriore ricorso in Cassazione.

Nelle motivazioni, la Corte sottolinea l’assenza degli elementi necessari per configurare il reato di violenza sessuale, quali “violenza, minaccia o abuso di autorità”, aggiungendo che la posizione dell’imputato non implicava alcuna forma di superiorità nei confronti della donna. I giudici hanno inoltre escluso la possibilità di considerare i gesti come atti sessuali penalmente rilevanti, poiché la stessa parte civile ha dichiarato che “i toccamenti e i baci sono durati circa trenta secondi, durante i quali continuava a consultare i documenti”. Inoltre, la Corte ha stabilito che non vi era alcun timore da parte della donna legato alla stazza dell’imputato, descrivendo l’uomo come di corporatura “assolutamente normale”.

L’avvocato Ivano Chiesa, difensore di Raffaele Meola, ha commentato che la sentenza chiarisce in modo definitivo l’assenza di violenza, minaccia o abuso di autorità. “I giudici hanno confermato che non c’è stato alcun atto repentino di rilevanza penale e che la donna avrebbe potuto allontanarsi”, ha dichiarato. Chiesa ha concluso auspicando la fine della “flagellazione mediatica” contro il suo assistito, che ritiene priva di fondamento.

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