Che cosa sia accaduto realmente durante l’incendio non si è mai saputo ma è certo che morirono una ventina di orfani. Pare che le suore si misero in salvo.
BOBBIO (Piacenza) – Un ex convento di suore poi trasformato in orfanotrofio è stato teatro di un’orribile fatto di sangue. Bambini bruciati vivi dalle suore che avrebbero dovuto assisterli amorevolmente. L’edificio quasi distrutto, saccheggiato e mutilato dal fuoco, è coperto da rovi e rampicanti mentre intorno un assordante silenzio sembra ricordare la strage degli innocenti le cui manine lascerebbero ancora le proprie orme sulle auto degli improbabili visitatori. Alla bella quanto pittoresca Bobbio, cittadina di origini romane in Val di Trebbia nella provincia di Piacenza, è legata una leggenda raccapricciante che sembra uscita da un film dell’orrore.
In località Arelli, a un tiro di schioppo dal paese turistico, immerso dalla vegetazione infestante è ubicato un edificio pericolante che durante la seconda guerra mondiale sarebbe stato sede di una sorta di “prigione” per bambini abbandonati. Una specie di orfanotrofio, oggi si definirebbe casa-famiglia protetta, gestito da suore sembra di dubbia moralità che usavano ogni sorta di violenza ai giovanissimi ospiti. Voce di popolo narra che le medesime monache con la scusa di non far cadere in mano dei tedeschi i bambini (fatto questo assai improbabile poiché il militari della Wermacht erano più intenti al saccheggio dei castelli della Val Trebbia che a rastrellare gli orfani, ndc) diedero fuoco all’edificio senza calcolare il vento e l’enorme quantità di materiale infiammabile che propagò a tal punto le fiamme sino ad uccidere le stesse piromani in tonaca monastica. Da allora nessuno vuole parlare del tristissimo accadimento e a cercare anche un solo testimone, nonostante ve ne siano diversi ancora in vita, è solo tempo perso. Da allora, comunque, pare che nelle vicinanze dell’orfanotrofio maledetto accadano alcuni fatti strani.
Una comitiva di turisti liguri a bordo di due auto ebbero modo di fermarsi nelle vicinanze del rudere immerso nella vegetazione. Alcuni di loro, si racconta in paese, si avvicinarono alla casa diroccata per curiosare. Dopo alcuni minuti tornarono in auto ma una delle vetture non riuscì a mettersi in moto. La comitiva di amici si portò sulla strada per andare in paese e avvisare un meccanico ma quando tornarono in contrada Arelli notarono che la vettura era macchiata da decine di impronte di mani di bambini e sul parabrezza erano evidenti alcune orme di piedi di bambini.
L’auto, improvvisamente, si rimise in moto e la comitiva, in tutta fetta, abbandonò quella zona di dolore e di misteriose presenze le cui piccole voci che si trasformano in pianti dirotti si sentirebbero ancora nelle notti di plenilunio. Che c’è di vero?: “… Il fatto di sangue accadde sul serio – dice Massimo Barberini, appassionato di fenomeni paranormali – ma non sono state mai individuate le responsabilità, né mai è stata aperta un’inchiesta dalle autorità dell’epoca. Ancora oggi, al di là delle leggende, qualcosa di strano accade sul serio nelle vicinanze della casa degli orrori…”. Diverse associazioni che si occupano di esoterismo scientifico avrebbero controllato l’intera area di proprietà del Comune di Bobbio rilevando fenomeni a dir poco sconcertanti:
“… Per una notte intera le nostre termo-camere hanno registrato la presenza di sospensioni emananti calore – aggiungono gli studiosi – ma la cosa che ci ha lasciato sbalorditi è che quando siamo usciti dal bosco abbiamo notato sul parabrezza della nostra auto piccole orme che prima non c’erano… Escludendo tracce di insetti e piccoli mammiferi a chi possono appartenere quelle impronte di essere umano cosi piccine?…”.
All’interno del fabbricato si notano ancora i bagni dei bambini con i piccoli rubinetti che servivano per le pulizie mattutine mentre mancano del tutto le stanze del personale che, oltre le suore, contava alcune ragazze forse novizie o lavoranti laiche le cui immagini sono state ritrovate in un archivio privato unitamente ad alcune vecchie lastre di bambini ospiti dell’istituto. Trattandosi di orfani o di bimbi nati al di fuori del matrimonio o da rapporti “non pubblicabili” qualsiasi ricerca risulterebbe inutile.