Il Senato dice “no” al Tribunale dei ministri sull’uso delle chat Sangiuliano-Boccia

Dopo la richiesta del Tribunale dei ministri di esaminare la corrispondenza tra i due e il no della giunta per le autorizzazioni.

Roma – L’aula del Senato ha approvato – con 95 voti favorevoli, 58 contrari e nessuna astensione – la relazione del senatore Adriano Paroli (Fi) a nome della Giunta delle elezioni e delle immunità sul caso Sangiuliano. È stata quindi respinta la richiesta, avanzata dal Tribunale dei ministri di Roma, di utilizzare “la corrispondenza” (comprese le chat telefoniche) fra l’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e l’imprenditrice Maria Rosaria Boccia, richiesta avanzata nel quadro dell’indagine sulla presunta violazione di segreti d’ufficio da parte dell’ex componente del governo Meloni. Il no della giunta per le autorizzazioni del Senato, presieduta dal dem Dario Franceschini, era arrivato oggi pomeriggio.

Una richiesta quella del Tribunale dei ministri, arrivata in giunta dopo la denuncia nei confronti dello stesso Sangiuliano da parte del deputato di Avs Angelo Bonelli, risalente allo scorso settembre, dove viene ipotizzato il reato di peculato per distrazione e rivelazione di segreto d’ufficio nella vicenda. Nelle scorse settimane lo stesso lo stesso ex ministro Sangiuliano aveva chiesto di negare l’autorizzazione al tribunale dei ministri. Il relatore in giunta, il senatore di Forza Italia Adriano Paroli martedì scorso, aveva chiesto di non autorizzare il trasferimento delle carte – mail, chat e altro materiale di corrispondenza tra l’ex ministro e la Boccia – al tribunale dei ministri. “Si propone di respingere la richiesta in quanto nel caso di specie sussiste il fumus persecutionis di secondo grado”, è quanto si legge nella relazione. Una tesi che ha visto oggi il via libera a maggioranza della giunta e che ora sarà sottoposta al voto dell’Aula del Senato.

L’ex ministro Gennaro Sangiuliano

Bonelli in una nota sottolinea che la decisione della giunta delle autorizzazioni a procedere sul caso Sangiuliano “impedisce l’accertamento della verità, e questo non è un bel segnale per le istituzioni. Non sapremo chi ha autorizzato la signora Boccia ad essere nella mailing del Ministero e ricevere e-mail riservate, perché è stata ospitata gratuitamente da enti pubblici in attività connesse al ministero, perché utilizzava l’auto di scorta del ministro e strutture e servizi dello Stato. A questo punto, siamo nella sceneggiatura del film del 1970 diretto da Elio Petri, ‘Un cittadino al di sopra di ogni sospetto’, che consiglio ai senatori di rivedere”.

“È stata approvata la relazione” del senatore Adriano Paroli, “ma tutta l’opposizione ha votato contro”, ha detto la senatrice del M5S Ada Lopreiato, uscendo dalla Giunta per le Immunità del Senato che ha votato contro la richiesta del Tribunale dei ministri di acquisire la corrispondenza tra l’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e l’imprenditrice di Pompei Maria Rosaria Boccia, approvando la relazione del senatore di FI Adriano Paroli che parla di ‘fumus persecutionis’ da parte dei magistrati nei confronti dell’ex ministro.
“La questione – ha aggiunto Lopreiato – è l’autorizzazione della corrispondenza WhatsApp che intercorre tra Sangiuliano e Boccia, nel procedimento penale che vede Sangiuliano indagato a seguito di una denuncia avanzata dal deputato di Avs Angelo Bonelli”.

Angelo Bonelli

“Noi abbiamo votato contro – ha spiegato la senatrice del Pd, Anna Rossomando – sulla base proprio dello schema logico seguito nella relazione. Nella richiesta del Tribunale dei ministri si fa riferimento all’esposto, richiamandolo in modo circostanziato, e si dice che la ricerca di questo mezzo di prova, ovvero l’acquisizione della corrispondenza, è indispensabile e rilevante per decidere, come la legge prescrive, se passare alla fase successiva di una richiesta di autorizzazione a procedere o archiviarla da subito. Quindi tra l’altro anche a garanzia in questo caso di Sangiuliano. Se devi accertare una violazione di segreti d’ufficio, l’acquisizione della corrispondenza è necessaria, altrimenti come lo provi?”.

“Diciamo che quello – ha aggiunto il senatore di Iv, Ivan Scalfarotto, uscendo con i colleghi dalla Giunta – non è un mezzo di prova di un reato esterno è il fatto del reato: cioè dato che il reato è la rivelazione di segreto d’ufficio, l’acquisizione dei documenti non serve a verificare se c’è stata ad esempio una ipotesi di corruzione, ma è il fatto stesso che in quei messaggi si siano rivelati fatti di ufficio che prova il reato stesso. Quindi non è un’acquisizione rilevante ai fini della prova. È, come dice il tribunale, indispensabile, perché potrebbe essere proprio, come dire, il corpo del reato“.

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