Giornata Nazionale contro la Violenza sugli Operatori Sanitari: insieme per dire “basta”

Il 12 marzo è, dal 2022, dedicata a riflettere sulla violenza e proteggere chi ci cura ogni giorno. I dati sono sempre più allarmanti.

Ogni anno, il 12 marzo, l’Italia celebra la Giornata Nazionale di Educazione e Prevenzione contro la Violenza nei Confronti degli Operatori Sanitari e Socio-Sanitari, un appuntamento istituito con decreto del Ministero della Salute il 27 gennaio 2022. Questa ricorrenza non è solo un momento simbolico, ma un’occasione per riflettere su un fenomeno sempre più preoccupante: le aggressioni, fisiche e verbali, subite da medici, infermieri e personale sanitario nell’esercizio delle loro funzioni. Una giornata che sottolinea l’urgenza di tutelare chi, ogni giorno, si dedica alla salute dei cittadini, spesso in contesti di grande pressione e complessità.

Perché è importante: un fenomeno in crescita

La violenza contro gli operatori sanitari è un problema che ha assunto dimensioni allarmanti. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Nazionale sulla Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie e Socio-Sanitarie (ONSEPS), istituito presso il Ministero della Salute, nel 2023 sono stati registrati 16.000 episodi di aggressione, coinvolgendo circa 18.000 operatori sanitari. Questo dato, riferito dal Ministero della Salute, include violenze fisiche, verbali e contro la proprietà, con una prevalenza di vittime donne (circa i due terzi) e infermieri come categoria più colpita.

Secondo un’altra indagine pubblicata il 15 gennaio 2025 da Quotidiano Sanità, nel 2024 si sono registrati in totale 25.940 episodi di aggressione al personale sanitario, con un aumento medio del 33% rispetto al 2023.

INAIL riporta che nel 2022 gli episodi accertati di aggressione erano 1.600, un numero parziale poiché esclude i liberi professionisti non assicurati. Per il 2024, i dati ufficiali non sono ancora consolidati, ma un articolo di ANAAO ASSOMED (8 gennaio 2025) conferma un aumento del 33% delle aggressioni fisiche e psicologiche, in linea con l’indagine AMSI, suggerendo che il dato INAIL potrebbe superare i 2.100 casi accertati per l’anno.

aggressione medici infermieri

Va comunque tenuto presente che i dati ufficiali (es. INAIL o ONSEPS) sottostimano il fenomeno, poiché molte aggressioni, soprattutto verbali, non vengono denunciate. Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei Medici di Roma, ha dichiarato ad esempio che il numero reale potrebbe essere “almeno quadruplo” rispetto alle 133 aggressioni INAIL segnalate nei primi mesi del 2024.

A livello internazionale, il 2024 ha visto un incremento del 32% in Europa e del 39% nel mondo.

Le problematiche sul campo

Le cause di questa escalation sono molteplici. Lunghe attese nei pronto soccorso, frustrazione per l’inefficienza percepita del sistema sanitario, aspettative irrealistiche dei pazienti e una comunicazione spesso carente tra personale e utenti sono tra i fattori principali. I contesti più a rischio? I dipartimenti di emergenza-urgenza e le strutture psichiatriche, dove la tensione è alta e le situazioni di crisi sono all’ordine del giorno. Questa violenza non solo compromette la sicurezza dei lavoratori, ma mina anche la qualità delle cure offerte, generando un circolo vizioso di stress, burnout e sfiducia.

D’altra parte gli operatori sanitari si trovano spesso a operare in condizioni difficili: turni massacranti, carenza di personale, strutture sotto pressione e un contatto diretto con situazioni di estrema emotività.

Azioni legislative e iniziative di contrasto

Per arginare questa piaga, negli ultimi anni sono stati compiuti passi significativi sul piano legislativo e operativo. La Legge 14 agosto 2020, n. 113 ha introdotto misure specifiche per la tutela degli operatori sanitari, rendendo le aggressioni nei loro confronti un reato perseguibile d’ufficio e inasprendo le pene. Più di recente, il Decreto Legge 1° ottobre 2024, n. 137, convertito con la Legge 18 novembre 2024, n. 171, ha rafforzato ulteriormente il quadro normativo: sono stati previsti l’arresto obbligatorio in flagranza – anche differito, entro 48 ore, sulla base di documentazione video-fotografica – per chi commette lesioni personali contro professionisti sanitari, sociosanitari e loro ausiliari, e una nuova fattispecie di reato per il danneggiamento di beni destinati all’assistenza sanitaria, punita con reclusione da uno a cinque anni e multe fino a 10.000 euro se commessa con violenza o minaccia.

A livello istituzionale, l’ONSEPS monitora il fenomeno, analizza gli eventi sentinella e promuove buone pratiche, come l’installazione di sistemi di videosorveglianza e corsi di formazione per gestire situazioni di conflitto. Nel 2024, inoltre, sono partite attività formative standardizzate in collaborazione con Agenas, mirate a migliorare le competenze comunicative e di de-escalation del personale.

Un appello alla società

La Giornata del 12 marzo non è solo un monito, ma un invito all’azione. Come ha sottolineato il Ministro della Salute Orazio Schillaci nel 2024, “recuperare un rapporto di alleanza tra cittadini e operatori sanitari è fondamentale”. Anche Ugl Salute fa sentire la sua voce: “A livello di prevenzione la strada da percorrere è ancora lunga – commentano il sindacalista Gianluca Giuliano -. “L’apertura in ogni ospedale dei presidi di pubblica sicurezza procede ma è lontana dall’essere completata. E vogliamo che vengano attivati 24 ore su 24. Il ricorso alle nuove tecnologie, videosorveglianza, body cam e braccialetti antiaggressione, è stato messo in atto da poche Regioni, e non sempre sull’intero territorio di competenza, mentre in troppe altre non si affronta concretamente il problema lasciando così i lavoratori della sanità in balia dei malintenzionati. La UGL Salute chiede che ad ogni episodio di violenza, fisica o verbale, su un operatore si attivi d’ufficio l’Azienda Sanitaria di appartenenza costituendosi parte civile contro l’aggressore e fornendo al lavoratore supporto legale e psicologico”.

La violenza non cura, semmai distrugge: tutelare chi ci cura significa garantire un sistema sanitario più sicuro ed efficace per tutti. Serve una condanna unanime del fenomeno, ma anche un impegno collettivo – istituzionale, sociale e culturale – per prevenirlo. Perché chi salva vite non dovrebbe mai temere per la propria.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa