Giada Zanola, imbottita di psicofarmaci prima di precipitare dal cavalcavia

L’esito degli esami tossicologici sul corpo della 33enne bresciana ha evidenziato la presenza di importanti quantitativi di Lorazepam.

Roma – Imbottita di psicofarmaci prima di essere uccisa: l’esito degli esami tossicologici sul corpo di Giada Zanola, la 33enne bresciana gettata da un cavalcavia sull’autostrada A4 a Vigonza a fine maggio, ha evidenziato la presenza di importanti quantitativi di Lorazepam, il comune psicofarmaco Tavor. Una conferma a quanto ipotizzato dagli investigatori. Emerge invece che degli piscofarmaci non ne è stata trovata traccia nei capelli di Andrea Favero, il suo compagno accusato dell’omicidio. E questo sconfessa quanto riferito dal camionista 38enne, ossia che li usava lui per poter dormire. L’uomo rimane in custodia cautelare nel carcere di Padova.

Dai primi esiti dell’autopsia emerge che Giada era, comunque, ancora viva, quando è stata gettata giù per un salto di 15 metri. Dagli esami eseguiti dal professor Claudio Terranova dell’università di Padova, viene escluso lo strangolamento, né appaiono ferite causate da armi da taglio, mentre sono stati rinvenuti alcuni lividi che confermano la lite tra la donna e il suo compagno di circa due giorni prima della morte della 33enne bresciana. Tre settimane fa era trapelata un’altra indiscrezione: La sera prima di perdere la vita, Giada aveva mandato un messaggio a un’amica: “Mi sento fiacca, ci vedo doppio”. Erano le 20.34, al “come mai?” dell’amica, la donna non risponderà più. Una novità raccontata dal Corriere Veneto, a oltre tre mesi dall’omicidio della donna. Ma il cellulare di Guada è sparito.

Giada Zanola e Andrea Favero

Nelle scorse settimane la scientifica ha perquisito la casa, dove i due vivevano col loro figlio di tre anni e ha sequestrato materiale informatico. Non il telefonino di cui si sono perse le tracce: ma un perito informatico è stato incaricato intanto di analizzare il cellulare del camionista e il suo Pc. Dalla ricostruzione dei fatti, il 29 maggio – attorno alle 3,30 di notte – il 38enne Andrea Favero avrebbe tolto la vita alla sua compagna e madre di un figlio piccolo. Non era la prima volta che Giada Zanola raccontava di disturbi del genere. Nel mese di aprile aveva raccontato di essersi sentita male, aver vomitato e perso conoscenza “dopo aver bevuto un cocktail che mi ha fatto Andrea”.

La donna temeva – così come dal racconto all’amica su WhatsApp – di essere stata violentata da incosciente dal suo compagno, che premeva per un secondo figlio. E l’ipotesi che Andrea Favero drogasse la compagna potrebbe essere confermata dagli esami tossicologici eseguiti sul corpo della vittima. Sugli abiti della 33enne è stata riscontrata la presenza di particelle di benzodiazepine, sostanza alla base di numerosi tranquillanti e narcotizzanti. E ora anche gli esami tossicologici confermano questo particolare.

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