Genova, falce e martello sulle lapidi: vandalizzato il sacrario del Manfrei

Sfregio anche sulla targa per Giuseppina Ghersi, 13enne violentata e uccisa: Berrino (Fdi): “Un’ignominia il vilipendio dei defunti”.

Genova – Vandalizzato il sacrario privato sul Monte Manfrei in Liguria: targhe e lapidi di caduti militari della Repubblica Sociale Italiana e civili uccisi dai partigiani del ponente ligure, compresa la targa per Giuseppina Ghersi, violentata e uccisa a tredici anni, sono state imbrattate con falci e martello e simboli anarchici mentre sul posto è stata trovata una croce bruciata e scritte ‘Genova antifa’.

“Il Sacrario privato sul Monte Manfrei dedicato ai caduti militari della Repubblica Sociale Italiana e ai civili uccisi dai partigiani del ponente ligure durante la Guerra civile è stato completamente vandalizzato dai ‘soliti noti’ Antifascisti – ha commentato a Adnkronos l’editore e saggista genovese Andrea Lombardi, esperto di storia militare, che ha diffuso anche le foto dei danneggiamenti – Nessun esponente politico o della società civile ha condannato questo gesto – sfregiata anche la targa dedicata alla giovanissima Giuseppina Ghersi -, che oltrepassa completamente qualunque dibattito storiografico, politico o morale sul Manfrei, sulla polemica dei ‘200 Marò della San Marco’ o sulla presenza alle commemorazioni del tal o talaltro politico o sulla Guerra civile del 1943-1945 in Liguria e in Italia”.

In realtà, sul caso ha poi preso posizione il senatore ligure di Fratelli d’Italia Gianni Berrino che afferma: “Non c’è peggiore ignominia del vilipendio nei confronti dei defunti. È per questo che lasciano ogni volta sgomenti gli assalti comunisti al sacrario sul Monte Manfrei, in Liguria – dichiara in una nota – Vedere le targhe e le lapidi imbrattate con falci e martello, simboli dell’anarchia e scritte ‘Genova vi odia’ è davvero agghiacciante. I vigliacchi che due notti fa si sono introdotti nel sacrario non hanno risparmiato nemmeno la tomba di Giuseppina Ghersi, violentata e uccisa a tredici anni dai partigiani dopo il 25 aprile. Chi non ha il cuore imbevuto di rancore riconosce un senso di rispetto nei confronti dei morti, di qualunque parte politica siano”.

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