Altri agghiaccianti dettagli emersi durante l’udienza di convalida dell’arresto. Lorena Venier racconta sei ore di agonia e accusa la nuora: “Voleva liberarsene da quando è nata la bambina”.
Udine – “Mailyn mi chiedeva di uccidere Alessandro fin dal giorno della nascita della loro bambina”. Così Lorena Venier, 61 anni, infermiera, ha rivelato uno dei retroscena più inquietanti del brutale omicidio del figlio Alessandro Venier, 35 anni, ucciso e fatto a pezzi nella villetta familiare di via dei Lotti, a Gemona.
Le confessioni sono emerse nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto davanti al Gip del Tribunale di Udine. Una deposizione fiume in cui la donna ha ricostruito l’intero piano messo in atto insieme alla nuora Mailyn Castro Monsalvo, 30 anni, madre della bimba di sei mesi. Entrambe sono ora detenute.
“Mi implorava di farlo: diceva che la picchiava e minacciava”
Secondo la ricostruzione di Lorena Venier, il figlio era diventato violento da mesi: “Mailyn veniva picchiata con forza, insultata, minacciata di morte. Lui ignorava la sua depressione post partum. Quando ho provato a difenderla, mi ha tirato un pugno alla schiena”, ha raccontato la madre della vittima agli inquirenti.
“Mailyn continuava a chiedermi di farlo fuori, per proteggere lei e la bambina”, ha aggiunto la donna, sottolineando come quella decisione maturasse da un clima domestico sempre più insostenibile.
L’omicidio: sonniferi, insulina, soffocamento
I dettagli dell’esecuzione sono macabri: “Abbiamo deciso di addormentarlo. Ho svuotato un blister di sonniferi nella limonata, ma non è bastato. Così ho usato due fiale di insulina che conservavo da anni in casa. Le avevo prese dal mio posto di lavoro anni fa, con l’idea di togliermi la vita”, ha spiegato l’infermiera.
Ma Alessandro ha continuato a reagire, seppur indebolito: “Abbiamo cercato di soffocarlo con un cuscino, ma senza riuscirci del tutto. È morto solo verso le 23, dopo un’agonia durata sei ore”.
Il corpo smembrato: “Non ci stava nel bidone”
Secondo la testimonianza, il piano iniziale era di lasciare decomporre il corpo in un bidone e poi spargere i resti in montagna. Ma quando le due donne hanno provato a chiudere il coperchio, hanno scoperto che il corpo non entrava.
“A quel punto ho preso un seghetto per la legna e l’ho fatto a pezzi: tre tronconi. Mailyn ha portato i resti nell’autorimessa e li ha ricoperti di calce viva, per contenere l’odore”, ha ammesso Lorena Venier.
La calce viva era stata acquistata online nei giorni precedenti, dettaglio che secondo la Procura conferma la premeditazione dell’omicidio. A rafforzare questa tesi anche il fatto che non vi sia stata una lite scatenante la sera del delitto.