Le indagini hanno disvelato come fosse sufficiente visitare una pagina web con il proprio cellulare, con l’inganno di banner pubblicitari.
Milano – All’esito di complesse attività investigative – coordinate dalla Procura e condotte da militari specializzati della Guardia di Finanza (Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche, Nucleo PEF – Milano, Compagnia di Treviglio e Squadra Reati Informatici della Procura) – è in corso di notificazione l’avviso di conclusione delle indagini per 12 indagati (in concorso con altre 3 persone, la cui posizione era già stata definita con patteggiamento) per il reato di frode informatica di cui agli artt. 640-ter, commi 1 e 3 del codice penale.
Tramite perquisizioni, ispezioni informatiche e innovative tecniche di analisi, è stato possibile ricostruire il meccanismo con cui gli utenti TIM si sono visti addebitare importi non dovuti nel periodo 2017-2020, a causa dell’attivazione indebita di servizi premium VAS (Value Added Services) sui propri dispositivi mobili. Le investigazioni hanno rivelato come fosse sufficiente visitare una pagina web con il proprio cellulare, talvolta tramite banner pubblicitari fraudolenti, per ritrovarsi automaticamente abbonati a servizi a pagamento – generalmente giochi o suonerie – con un canone settimanale di 5 euro, senza alcuna azione consapevole da parte dell’utente (cd. “1-Click”).
Questo business milionario ha coinvolto diversi Content Service Provider (CSP), tra cui anche una società spagnola, che hanno tratto ulteriore profitto anche dall’attivazione su schede SIM M2M (machine to machine), utilizzate per il traffico dati tra dispositivi (ad esempio, impianti di allarme o domotica), senza alcun intervento umano. Grazie a una consulenza tecnica e contabile, è stato possibile calcolare i profitti illeciti derivanti dall’operazione, che ammontano a: 102.593.688,96 euro per TIM S.p.A.; 12.030.557,53 euro per Engineering S.p.A.; 2.910.424,14 euro per Reply S.p.A. Queste società trattenevano fino al 45% degli importi addebitati agli utenti prima di trasferire il resto ai CSP.
L’indagine ha preso avvio da precedenti accertamenti su una frode analoga ai danni degli utenti WindTre, che aveva coinvolto altre società operanti nel settore dei VAS e degli HUB tecnologici.